Un seme che mette radici, qualcosa che può dare frutto nel tempo. Un percorso più che un evento, che crei legami per sensibilizzare le persone, per offrire opportunità di formazione e informazione. La conferenza stampa che si è svolta questa mattina a Milano, presso la Curia milanese, ha presentato ufficialmente il secondo Festival della Missione (FMM22) nell’autunno del prossimo anno dal 29 settembre al 2 ottobre. Un evento articolato in una serie di incontri, dibattiti, spettacoli e mostre che inizia già da ora con una fase di contatti sul territorio: un pre-festival che sta scaldando i motori e vedrà coinvolte numerose istituzioni scolastiche, sociali e formative.

Padre Christian Carlassare

Ne ha parlato Stefano Femminis in veste di responsabile della Comunicazione del Festival, introducendo i protagonisti della mattinata, tra cui don Giuseppe Pizzoli, direttore della Fondazione Missio e presidente del Festival e padre Gianni Treglia, missionario della Consolata, in rappresentanza di CIMI: l’arcivescovo, monsignor Mario Delpini, Agostino Rigon, direttore del CMD di Vicenza e direttore generale del Festival, Lucia Capuzzi, giornalista di Avvenire e direttrice artistica. Con loro tre testimoni che incarnano lo slogan scelto per il Festival “Vivere per dono”: Zakia Seddiki, moglie di Luca Attanasio, l’ambasciatore italiano nella Repubblica democratica del Congo, assassinato lo scorso 22 febbraio; padre Christian Carlassare, comboniano, vescovo di Rumbek (Sud Sudan), sopravvissuto a un attentato il 25 aprile 2021; padre Pier Luigi Maccalli, missionario della diocesi di Crema, liberato dopo due anni di prigionia dai miliziani jihadisti che lo avevano rapito in Niger.

Volti e storie di uomini e donne che raccontano la quotidianità e la concretezza della missione, come ha sottolineato Agostino Rigon introducendo l’identità di questo importante evento «la missione è un grande gesto d’amore puro e disinteressato di Dio per il mondo e ogni persona umana. L’icona che abbiamo scelto per rappresentare lo slogan e che troviamo nel sito www.festivaldellamissione.it, è un gomitolo con tanti fili colorati che si srotola dal basso. Simboleggia lo svelamento continuo e mai completo dell’azione di Dio nella storia dell’umanità, un lavoro fatto da uomini e donne di buona volontà che nel quotidiano si impegnano per i fratelli. Sono più di 5.000 i missionari italiani all’estero e possono raccontare la grande trama colorata che il sogno di Dio realizza sotto i nostri occhi. Con grande concretezza e fedeltà».

Lucia Capuzzi ha sottolineato che al centro delle giornate milanesi saranno le storie dei missionari «perché sono le persone che cambiano la vita degli altri dei fratelli. I missionari sono gli strumenti che ci permettono di spalancare finestre su angoli del mondo sconosciuti, aiutandoci a comprendere che la nostra realtà è solo uno dei frammenti della storia di oggi». Il percorso del pre- estival coinvolgerà 64mila studenti della Lombardia, attraverso partnership con istituzioni universitarie del territorio, con scuole di giornalismo, gemellaggi internazionali, conventi, carceri, sale cinematografiche e così via.

Zakia Seddiki ha ricordato gli impegni di promozione umana condivisi dal marito, l’ambasciatore Attanasio, e che ora continua a portare avanti anche dopo la sua uccisione. «Tutto può cambiare giorno dopo giorno – ha detto -, non sono gli anni che contano ma ciò che si vive in quel tempo. L’esempio di persone come Luca ci dice l’importanza di dare senso alla propria vita, non solo per sé stessi ma soprattutto per gli altri. La vita è una missione e l’amore è il grande senso della vita».

Padre Maccalli, liberato un anno fa dopo due di prigionia nel deserto del Sahara, ha detto di vivere tre grandi “doni” che l’esperienza gli ha lasciato: «la comunione con le vittime innocenti, il grande silenzio, e l’essenziale che ho scoperto nel deserto. Insieme alle cose più semplici e importanti: l’acqua, il bisogno della relazione con l’altro, la libertà e il per-dono verso chi non è nemmeno disposto a dialogare».

La ricerca di una strada alternativa alla violenza è ciò che lo accomuna all’esperienza di un altro missionario che ha rischiato di morire, padre Carlassare che ha parlato della «missione come dono che non è stato fatto solo a me ma anche agli altri. Il mio essere prete e missionario è andare incontro al popolo del Sud Sudan, un Paese in cammino per il riconoscimento della propria identità negata. Come Chiesa portiamo le ferite di tutti e nel dare per-dono possiamo aiutare la crescita della gente di Rumbek».

Monsignor Mario Delpini

Monsignor Delpini ha sottolineato il bisogno di Milano di essere “risvegliata” dalla missione dopo il lungo incubo della pandemia in cui si sono viste «le strade deserte, e le attività produttive sospese. Ora la città teme di essere in ritardo, come se un nemico la stesse inseguendo e la spingesse a correre. Ma i successi, i traguardi economici sono un miraggio, Milano è tentata di vivere di miraggi». Serve che la città ascolti «il gemito dell’infelicità del mondo, il cantico della sapienza dei popoli, il grido dei poveri. Il Festival della Missione può svegliare Milano, incoraggiarla a vivere per il fuoco che lo spirito ha acceso nei secoli e continua ad ardere mettendo ardore nel cuore dei missionari. Questo fuoco deve ardere, suscitare slanci per accendere altro fuoco».

C’è molto da fare per arrivare all’appuntamento di Milano. Come ricorda l’orologio che cammina a ritroso sul sito, mancano “solo” 339 giorni al nastro di partenza.

 

Trailer del Festival