Padre Silvano Galli è un sacerdote della Società Missioni Africane (SMA), missionario nella parrocchia di St. Léon IX a Kolowaré, in Togo. Più volte sulle pagine cartacee di Popoli e Missione ha raccontato in cosa consiste la sua opera quotidiana, a fianco di una popolazione sofferente, povera ma anche molto tenace nel saper guardare con positività alla vita.

All’inizio della pandemia ci aveva parlato di come la gente di Kolowaré si ingegnasse nella costruzione di mascherine, in mancanza del necessario: c’era chi se la realizzava con grandi foglie di banano, chi con quelle di cavolo. Purtroppo, ingegno e fantasia non sono sufficienti per combattere la guerra contro un virus che non viene debellato neppure dove i mezzi non mancano. E così i focolai della malattia continuano a diffondersi. 

Padre Galli descrive così la situazione di queste ultime settimane: «Si sono scoperti nuovi focolai e si cerca di circoscriverli, combatterli con i mezzi che si hanno. Anche a Kolowaré, qualche giorno fa, si è trovato un caso positivo al Dispensario. Hanno cercato un mezzo di trasporto per portarlo all’ospedale di Sokodé, e su un motociclo si sono messi in viaggio, accompagnati dal medico. Dopo una decina di chilometri, arrivati all’incrocio di Yelivo, l’ammalato è saltato dal veicolo e si è dileguato nella boscaglia. Non voleva fare la quarantena, che è a spese proprie».

Purtroppo, per la gente che ogni giorno deve ingegnarsi nel cercare qualcosa da mettere sotto i denti, rispettare le misure sanitarie in vigore è difficile, quasi impossibile.

«Ogni sabato – racconta il missionario – vado al mercato qui a Kolowaré: quasi nessuno ha la mascherina. E come tenere le distanze in un luogo stipato di gente e mercanzie? E come lavarsi le mani? Passo in mezzo la gente, saluto, scherzo. Faccio qualche foto».

Le scene quotidiane sono quelle di donne che vendono ortaggi, bambini che dormono ai bordi delle strade, altri – magari più piccoli – sdraiati in mezzo a scarpe sparpagliate. Anche per i funerali e i matrimoni sono previste misure precauzionali, «ma – si chiede padre Galli – come fare le cerimonie distanziati, senza toccarsi, senza danzare?».

Nella cultura locale è impossibile. Ecco allora che i contagi crescono e le conseguenze non si fanno aspettare: confino, chiusura dei luoghi di culto, coprifuoco.

Le équipe diocesane, come la Caritas locale e altre realtà ecclesiali, girano per la zona con alcuni veicoli per sensibilizzare la gente al rispetto delle precauzioni: a suon di musica e di canti, percorrono villaggi e mercati invitando tutti a prendere sul serio le disposizioni proposte, fornendo indicazioni pratiche, in kotokoli (la lingua locale) e in francese. Malgrado il Covid, la vita continua.