La crisi umanitaria del Venezuela «non è il frutto del caso o del destino avverso». E’ piuttosto il risultato di scelte politiche sbagliate e di un uso scellerato delle risorse naturali: «era una nazione ricca con prospettive di grande futuro, ma è stata impoverita fino all’estremo e adesso vive una situazione di miseria che peggiora di giorno in giorno e questo governo continua a negare tutto».

La denuncia viene da monsignor Jonny Eduardo Reyes, vescovo di Puerto Ayacucho (Amazzonia), intervenuto ieri alla conferenza dal titolo Rinvoluzione Venezuela, dal sogno bolivariano all’incubo della crisi, organizzata da Missioni don Bosco Valdocco onlus, a Torino.

Con monsignor Reyes, di ritorno da una visita apostolica dal Papa, anche mons. Pablo Gonzalez, vescovo di Guasdalito, che ha parlato della ferita profonda inflitta alla società venezuelana, costretta a vivere una quotidianità fatta di stenti, economia informale e laddove è possibile di emigrazione. Un decimo della popolazione, oltre 3 milioni di persone, hanno passato il confine di Colombia e Brasile, per poi raggiungere Equador, BoIivia, Perù, Cile, Argentina. Per chi resta c’è una vita fatta di espedienti.

«Il mercato nero – ha detto Gonzalez – la speculazione e il proliferare di attività economiche illegali, soprattutto al confine con la Colombia, sono diventate oggi la principale attività di chi è rimasto in Venezuela e per sopravvivere non può fare altro».

La svalutazione della moneta e l’inflazione rendono carta straccia il bolivar, che ad oggi vale 0,014 euro.

Lo stipendio di un operaio equivale a circa un euro e 50 al mese, mentre una bottiglia d’acqua costa l’equivalente di 5 centesimi di euro; gli alimenti vengono rivenduti sul mercato nero, nei negozi non si trova più nulla e gli effetti sono simili a quelli di una guerra.

Soprattutto la benzina – nonostante la ricchezza dei pozzi petroliferi venezuelani – viene rivenduta fuori dal Venezuela ai Paesi confinanti a prezzi bassissimi, mentre per la gente del posto non ne rimane, se non a prezzi esorbitanti.

I due prelati, entrambi salesiani, hanno scelto di rimanere in Venezuela accanto al loro popolo, ed hanno parlato di una manipolazione mediatica a favore di Maduro con l’obiettivo di distorcere completamente la realtà, fino a ribaltarla pur di non ammettere il fallimento di una politica che ha trascinato il Paese nel baratro.

Inoltre il «doppio standard di vita tra ricchi (il 15 % della popolazione che non soffre la crisi) e i poveri» mostra l’esistenza di due Venezuela, uno dei quali completamente al di fuori della realtà e insensibile alla sofferenza di milioni di persone.

«Io dico ai miei interlocutori, quando mi capita di parlare con chi nega la crisi: venite, venite con me in ospedale, venite a veder che manca tutto. Venite nelle case, nei negozi…», ha raccontato monsignor Reyes.

Il negazionismo del presidente Maduro somiglia a quello messo in atto da Ortega in Nicaragua, hanno denunciato i relatori: sono due dittature simili ed entrambe nate dalla speranza di una rivoluzione.

Reyes ha anche messo in luce le responsabilità internazionali: «va smontata l’ipocrisia internazionale sul Venezuela – ha denunciato – perché il petrolio, l’oro e i minerali nel Paese ci sono, stanno ancora lì, non sono spariti. Ma ci sono nazioni disposte a comprarli a bassissimo costo. Bisogna smascherare il gioco politico internazionale che continua a dare sostegno al regime dittatoriale di Maduro».

Le due superpotenze che sostengono e finanziano Maduro sono  Russia e Cina: con quest’ultima il presidente pare aver stretto nelle ultime settimane diversi accordi economici.

«Io vedo alcuni possibili scenari per il futuro – ha concluso monsignor Reyes – Oltre alla rassegnazione del popolo, molti dicono che questo governo arriverà ad autodistruggersi; altri ancora che sarà necessario un intervento militare esterno; il segretario di Stato vaticano Pietro Parolin aveva posto quattro condizioni al governo, ma sono state tutte disattese. Quello che doveva essere un dialogo tra Chiesa cattolica e governo in realtà è saltato, non c’è mai stato».

All’incontro sono intervenuti anche Maria Eugenia Esparragoza, antropologa dell’Università di Genova, che ha presentato la relazione “Venezuela allo specchio: dialoghi su un Paese che sembra invisibile” e Maria de Jesus Requena, presidente dell’Associazione Venezuela in Piemonte che ha parlato di una emigrazione di massa dei venezuelani in Europa, impoveriti e senza futuro.