Da ieri si sono scatenate diverse reazioni critiche sui social network in riferimento al sequestro di Silvia Romano, la 23enne volontaria milanese rapita in Kenya martedì scorso. Credo che sia davvero fuori luogo polemizzare su questa drammatica vicenda che ci auguriamo possa avere presto un lieto fine.  Solo pensare che Silvia avrebbe potuto soddisfare le sue smanie d’altruismo in qualche mensa nostrana della Caritas, invece di andare a rischiare la pelle in un villaggio sperduto nel cuore dell’Africa, significa davvero avere un cuore freddo. E cosa dire allora dei nostri missionari/e che rischiano la vita per essere solidali con tanta umanità dolente come ha fatto la volontaria milanese? Certamente, questo non è assolutamente il momento di discutere se la vasta galassia delle onlus o ong italiane abbia bisogno di un maggiore coordinamento nelle zone di crisi. Mentre invece sarebbe auspicabile che la stampa nostrana scrivesse tutti i giorni di quello che succede nell’Africa Subsahariana, per affermare un principio antropologico sacrosanto. E il principio è che l’informazione, dopo la preghiera, è la prima forma di solidarietà. La disattenzione della stampa italiana nei confronti dei drammi che attanagliano i paesi di provenienza di molti migranti la dice lunga. È sintomatica del pensiero debole del nostro tempo. Noi invece crediamo, come redazione di Popoli e Missione che mai come oggi occorra dare voce a chi non ha voce!