Tre rettori di Seminari portano a Roma le voci di Chiese d’Africa e d’Asia. In visita alla Direzione nazionale della Fondazione Missio, don Florent Konè del Grand Seminaire Saint August di Bamako in Mali, don Raymond Sobakin del Grand Seminaire Saint Gall di Ouidah in Benin e don Patrik Simon Gomes dell’Holy Spirit Major Seminary di Dhaka in Bangladesh, sono stati accolti daldirettore, don Giuseppe Pizzoli e dal vice direttore Tommaso Galizia.

L’impegno dei tre rettori nella formazione del clero autoctono è sostenuto dall’ Opera di San Pietro Apostolo (POSPA) italiana, con cui da un anno è stato istituito un partenariato  per aiutare questi Seminari ad implementare il loro servizio alle Chiese locali e alla Chiesa universale.

Don Giuseppe Pizzoli e don Florent Konè.

Nominato rettore nel 2017, don Florent Konè parla della suo impegno nel Mali: «Il seminario Saint August è stato fondato nel 1984, ed è una realtà in crescita che oggi ospita 85 seminaristi, di cui sette sono della Guinea Konakri.

Il complesso si trova un po’ fuori da Bamako vicino al fiume Niger, e ospita i due cicli di formazione, quello di teologia e quello di filosofia.

Nel Paese la maggioranza della popolazione è musulmana (80%), mentre i cristiani sono solo l’1% su oltre 16 milioni di abitanti.

I nostri studenti vanno a visitare i villaggi vicini «abbiamo bisogno di mezzi per spostarci, biciclette e moto. Per affrontare distanze a volte considerevoli».

Don Patrik Simon Gomes del seminario Holy Spirits di Dhaka, porta una interessante testimonianza dal Bangladesh: «Abbiamo ora 121 seminaristi, il numero delle vocazioni è molto alto considerato il numero di cattolici che nel nostro Paese è molto basso: su 160 milioni di persone i cattolici sono lo 0, 36 %».

«Io vengo da una zona molto tradizionale – dice –  dove da 500 anni ci sono cattolici, la maggior parte delle persone appartiene a tribù e sono legati alle tradizioni. Abbiamo molto da fare per educare coloro che hanno una base di cultura cattolica ma che l’hanno persa e quindi abbiamo chiesto ai vescovi di mandare i giovani nelle nostre parrocchie ma anche presso il nostro seminario per ricevere una formazione cristiana. Abbiamo bisogno di incrementare l’arrivo di nuove vocazioni. Per quanto riguarda la vita socio politica, è vero che il Bangladesh sta facendo progressi ma non c’è ancora stabilità politica».

Don Florent Konè, don Raymond Sobakin, Tommaso Galizia e don Patrik Simon Gomes

Ancora una testimonianza dall’Africa è stata quella di don Raymond Sobakin, rettore del Seminario Maggiore Holy Spirits di Ouidah: «Il nostro Seminario interdiocesano ha bel 105 anni di vita, una istituzione che ha profondi legami con le Pontificie Opere Missionarie, ha formato molti preti, vescovi e due cardinali. Uno di loro è stato il grande Bernardin Gantin, già prefetto della Congregazione per i vescovi, che ha voluto essere seppellito presso il Seminario dopo la sua morte avvenuta nel 2008. Da allora la sua tomba è meta di pellegrini che vengono dall’Africa e da tutto il mondo. Quest’anno abbiamo 123 seminaristi provenienti dalle 10 diocesi del Benin, ma anche da Togo e Nigeria. Formiamo preti servitori del popolo locale. Essere sacerdote non significa assumere un ruolo di potere ma mettersi al servizio. Come i veri missionari fanno in tutto il mondo. E un prete che non è missionario non è un prete».