Una grande metropoli nel cuore dell’Amazzonia. Questa è Manaus, colpita dalla pandemia di Covid 19 che ha sorpreso tutta la popolazione, in particolare i poveri delle grandi periferie e gli immigrati da Haiti e più recentemente dal Venezuela. Ha sorpreso anche le strutture sanitarie dello Stato e del comune completamente inadeguate e impreparate ad affrontare questa circostanza, mostrando così la fragilità strutturale a cui tutti siamo esposti. Ben 46 dei 63 rioni della città sono coinvolti nell’epidemia con circa 200 positivi ogni 100 mila abitanti: equivalente a circa il 25% della popolazione della capitale dello Stato dell’Amazonas, il più grande del Brasile. «Ora siamo all’apice della contaminazione, si registrano circa 65/ 70 decessi al giorno, ma la proiezione per questo mese di maggio é un totale di Manaus d fare una analisi della situazione di oltre tremila morti. Per questo i giornali italiani hanno mostrato le trincee scavate nei nostri cimiteri per far fronte a questa tragedia». Suor Valeria Opreni, delle Missionarie dell’Immacolata, da 36 anni in Brasile, questa città l’ha vista crescere con «un incremento annuale di circa 65mila persone provenienti dall’interno dello Stato o da altri Stati. Un flusso umano con conseguenze drammatiche per chi arrivava dovendo vivere in situazioni degradanti e con tante altre tristi conseguenze» racconta. Suor Valeria vive i giorni del dolore di questa città dove il numero dei morti è sottostimato come ammette lo stesso sindaco Arthur Virgilio Neto, che ha dichiarato che «qui come nel resto del Brasile c’è il triste fenomeno della segnalazione di “morti per causa indeerminata”, è un assurdo». Fino a qualche giorno fa oltre seimila persone erano in isolamento domiciliare, circa 500 ricoverati nei reparti speciali e meno di 200 in reparti di rianimazione. Molti attendono i risultati del testi, mentre si chiede all’Università Federale per capire cosa sta succedendo in questo Stato. «Anche il nostro arcivescovo, monsignor Leonardo Steiner allerta la popolazione perché eviti di esporsi al contagio– racconta suor Valeria da Manaus- ma purtroppo chi abita nei quartieri più poveri e sovraffllati non ha la possibilità di comprare grandi quantità di generi di prima necessità senza uscire di casa. Questa situazione si aggrava ancora di più per le numerosissime famiglie che vivono di lavori precari o pagati a giornata, perché la crisi del Covid 19 è diventata anche un disastro economico. In ogni caso non esiste il minimo controllo da parte dello Stato o del comune e tutto è lasciato alla responsabilità personale». La pandemia di Coronavirus si è aggiunta ai numerosi casi di malattie tropicali come la Dengue che, soprattutto ora, nella stagione delle piogge, miete molte vittime». Mentre il lockdown dei commerci di beni non essenziali e l’uso della mascherina sono stati decretati fino al 31 maggio, la situazione più grave riguarda i popoli indigeni «se pensiamo alla mancanza quasi totale di centri di assistenza medica e ospedali nell’immensa estensione delle regioni della foresta. Le reti sociali denunciano le presenza abusiva in queste aree di migliaia di cercatori d’oro e pietre preziose, e di devastatori a scopo di profitto, che espongono i popoli indigeni al contagio. Purtroppo in genere le autorità non intervengono, a scapito della vita di molti leaders comunitari indigeni e non».

Secondo i dati più recenti della Rete ecclesiale Panamazzonica (Repam) nella regione che si estende su nove Paesi, grazie alla collaborazione con la Coordinadora de las organizaciones indigenas de la cuenca amazònica (Coica) il Covid ha colpito 526 nativi appartenenti a 33 differenti etnie e i morti sono 113.

Nel bilancio con numeri che poco dicono della vastità del territorio su cui sono sparse le comunità, non sono compresi gli indios che abitano le periferie di città come Manaus o Boa Vista che in questo momento sono le città dell’Amazonas brasiliana più colpite.

Suor Valeria, continua il suo impegno di missionaria tra la gente di Manaus con maggiore vigore: «In questo periodo di pandemia in cui abbiamo sospeso tutte le attività pastorali, ci concentriamo nell’azione caritativa collaborando con le Caritas diocesane e parrocchiali. Ci sono innumerevoli situazioni di carenza e necessità, famiglie allo stremo, c’è bisogno anche di un supporto psicologico. La gente vive la pandemia con sentimenti che passano dall’affidamento alla provvidenza di Dio alla paura del contagio. L’ansia si trasforma in angoscia profonda, mettendo a rischio la salute mentale della persona e della società, aggredita da un virus sconosciuto che minaccia l’intera umanità».