“Queste vittime sono missionari che hanno lavorato in Africa, in America Latina e in Asia. E se in tutta la loro vita hanno avuto addosso l’odore delle pecore, in questa ultima parte della loro vita hanno addosso il virus che sta colpendo tante donne e tanti uomini. Nel dolore c’è una profonda comunione di noi missionari con la realtà nella quale siamo immersi”.

Padre Rosario Giannattasio, Superiore in Italia dei missionari saveriani, ha commentato così con Vatican news la triste notizia del decesso di ben 13 missionari saveriani morti nel giro di 15 giorni, nella casa madre di Parma. Si suppone che la causa sia l’infezione da Coronavirus, ma non se ne ha la “certezza assoluta”, poichè non è stato fatto loro il tampone. 

Padre Rosario Giannattasio spiega che “è chiaro che dietro c’è questo (il COVID 19 ndr.), poichè si è registrata “una anomalia di morti continue – dice il superiore – ; In casa madre in un anno muoiono di solito 4-5 persone, ora ne sono morte 13 in 15 giorni”. 

Ricordiamo i nomi di tutti padri deceduti: Stefano Coronese, Gerardo Caglioni, Luigi Masseroni, Giuseppe Scintu, Guglielmo Saderi, Giuseppe Rizzi, Piermario Tassi, Vittorio Ferrari, Enrico Di Nicolò, Corrado Stradiotto, Pilade Giuseppe Rossini, Nicola Masi e padre Piergiorgio Bettati (l’ultimo deceduto in ordine di tempo, il 23 marzo scorso).

Si sono ammalati in isolamento, a partire già da febbraio, nella struttura che li ospitava, quella Casa dove c’è sempre una grande circolazione di persone provenienti da tutto il mondo e che era stata aperta il 15 Novembre del 1895 dal fondatore San Guido M. Conforti.

La reazione di chi rimane è di grande sofferenza, come dice il superiore, ma anche di consolazione “nel prendere atto di questa vita donata ai fratelli e vissuta fino in fondo”.

“Questo non ci fa rallegrare – precisa il saveriano – ma ci fa dire grazie a Dio di aver vissuto fino in fondo la nostra vocazione”.

Padre Rosario dice che i saveriani hanno “ricevuto in cambio tantissimo” in questi giorni di sofferenza.

“Moltissime persone hanno dimostrato solidarietà attraverso la via telefonica, gli aiuti, le raccomandazioni di preghiera – aggiunge – Queste morti hanno un aspetto fecondo nel dimostrare che la carità cristiana esiste ancora ed esiste una grande valenza umana nella nostra terra”.

La Casa madre di Parma è un luogo simbolico importante, che ospita il santuario intitolato al fondatore, vescovo parmense dei primi del Novecento, come ricorda in un editoriale di oggi sull’Osservatore Romano, Paolo Affatato. 

Ospita anche “il museo d’arte cinese ed etnografico; la biblioteca e uno speciale itinerario che racconta memorie e testimonianze missionarie”.

All’ultimo piano del “maestoso edificio dalle forme neoromaniche, c’è anche una residenza per accogliere i missionari più anziani” ed è qui che i padri hanno trascorso gli ultimi giorni di vita. 

Nell’editoriale si legge: “folta la pattuglia di quanti avevano donato il cuore, la mente e le forze all’Africa: fra essi Gerardo Caglioni — 73 anni, il più giovane tra le vittime — e Pilade Rossini avevano operato in Sierra Leone dove i saveriani festeggiano, proprio nel 2020, i settant’anni di presenza”.

E ancora: “Il gruppo più numeroso è costituito da missionari che avevano speso la vita nell’attuale Repubblica Democratica del Congo, specialmente nella regione del Kivu: area al centro di quella che viene definita “la guerra mondiale africana”, infestata da milizie ma anche da epidemie di un virus letale come l’ebola”.