Doppia canonizzazione da parte del Papa, che ieri ha ricevuto in udienza il Prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi dando il via libera a due autorizzazioni attese: per il Beato Paolo VI e l’altra per il Beato Oscar Arnolfo Romero.

Queste due figure preziosissime per la Chiesa saranno sante, e non a caso insieme, sebbene sante già lo fossero per il popolo che le ama e da non poco tempo.

Nel bollettino vaticano si legge che Papa Francesco autorizza «il miracolo attribuito all’intercessione del Beato Paolo VI (Giovanni Battista Montini), Sommo Pontefice; nato a Concesio (Italia) il 26 settembre 1897 e morto a Castel Gandolfo (Italia) il 6 agosto 1978; e quello attribuito all’intercessione dell’arcivescovo di San Salvador, Martire; nato a Ciudad Barrios (El Salvador) il 15 agosto 1917 e ucciso a San Salvador (El Salvador) il 24 marzo 1980».

La gioia è grande per questa doppia notizia che allieta in particolare il mondo missionario, e i giovani di Missio, legati a doppio filo in particolare alla figura dell’arcivescovo salvadoregno che seppe stare dalla parte dei poveri e del popolo, testimoniando con la vita il proprio rifiuto ai soprusi dei potenti.

Sono passati quasi tre anni da quel 23 maggio, quando nella capitale di El Salvador si svolgeva la beatificazione di monsignor Romero, ucciso in “odio della fede” il 24 marzo 1980 mentre celebrava la messa con la sua gente.

«Sembra il giorno dopo una rivoluzione in cui si celebra un nuovo leader-  scrivevamo in quell’occasione sulla pagine di Popoli e Missione – in cui si apre una nuova era. Ma qui non c’è un nuovo leader e per il pueblo sostanzialmente non cambierà nulla domani. Sapere, però, che il proprio monsenor adesso è beato, e che le sue omelie tanto contestate e per le quali è stato ucciso adesso vengono applaudite, sì, forse questo sa di vittoria».

Oggi quella gioia è arrivata al suo culmine: Romero sarà Santo e questo è un segnale fortissimo per il popolo che sempre ha creduto nella sua azione e nella sua coerenza.

Romero non a caso agiva sulla scia del magistero di Paolo VI e dell’esortazione apostolica Evangelii nuntiandi, documento ancora attuale e fonte di ispirazione per lo stesso Papa Francesco.

E ancora, dalla piazza di El Salvador tre anni fa si alzavano le voci dei fedeli che tuttora amano l’arcivescovo: «”Romero è stato ucciso perché difendeva noi poveri e perché diceva la verità”: questi sono i capi d’accusa che gli sono costati il martirio. Nessuno del pueblo ha una versione diversa da questa, è profondamente chiaro a tutti. Romero è morto per amore del suo popolo, della sua Chiesa, per amore di Dio. Romero non è morto, Romero è stato ucciso e la gente lo sa».

Sempre da quella piazza, nel 2015, venivano voci di testimoni diretti:

«Ascoltavo le sue omelie tutte le domeniche. Monsenor diceva sempre la verità. Difendeva noi poveri, per questo lo uccisero. Una volta mi disse: “Esperancia, quando un giorno saremo in paradiso, tu entrerai prima di me vescovo, perché sei povera e Dio ama i poveri”».