«Guido Improta non è stato solo uno dei primi amici del Movimento Giovanile Missionario (MGM) ma un grande testimone dei valori che ci animano. La forza con cui ha sempre testimoniato la Parola di Dio, nonostante le difficoltà che la vita gli ha posto davanti, rinnova in noi l’ideale di corresponsabilità verso le sorelle e i fratelli di tutto il mondo. La grande eredità che ci lascia è quella di non arrendersi mai nella costruzione del Regno». Così Giovanni Rocca, segretario nazionale di Missio Giovani (già MGM) ricorda Guido Improta nel giorno delle sue esequie nella Basilica di Santa Annunziata a Napoli, dove era nato nel 1949.

Laureato in Sociologia all’Università Federico II, ne aveva poi conseguita una seconda in Teologia. A ricordarlo tanti amici ma soprattutto la moglie Fulvia e il figlio Oscar, una piccola, grandissima famiglia missionaria che fino alla fine della lunga malattia di Guido ha saputo portare la testimonianza di un Vangelo vivo, anche nel dolore della quotidianità. «Guido ha rappresentato sempre una figura di riferimento per la sua apertura alla missione universale – dice Michele Pignatale per molti anni segretario nazionale dell’MGM -. Portava la vitalità della missione anche nella malattia neurodegenerativa, iniziata quando aveva 24 anni, che lo ha costretto prima alla carrozzina e poi a letto. Ma lui viveva questa condizione in maniera esemplare, era sereno perché aveva dentro una grande spiritualità. Era per tutti una grande riserva di speranza: anche nei momenti difficili bastava sentire Guido per superare ogni incomprensione e rinnovarci nell’impegno di servire le missioni». All’inizio degli anni Settanta quando nasce l’MGM, Guido era molto attivo nei gruppi missionari. E’stato uno dei primi ad aderire e fino a quando ha potuto, ha girato molto nelle parrocchie e nei convegni per animare la sensibilità missionaria. Non era solo, Fulvia gli era sempre accanto.

Scriveva don Tonino Bello che «gli uomini hanno un’ala soltanto: possono volare solo rimanendo abbracciati» e per Guido l’altra ala è sempre stata la moglie che si è sempre dedicata a lui fino alla fine.

Tra chi lo ricorda con affetto, Loredana Brigante, già segretaria nazionale MGM: «Era una persona ironica, avrebbe sorriso per il suo necrologio, anche perché ora è più vivo che mai: nel cuore della sua famiglia e di chi lo ha incontrato, nelle esistenze in cui ha lasciato una scia con la sua testimonianza. La mia gratitudine a lui è per aver contribuito fortemente alla nascita e alla crescita del Movimento, ma è soprattutto la coppia Guido-Fulvia che per me e tanti coetanei è stata un esempio di amore profondo, cristiano, missionario. Sono stati dono reciproco e abbraccio capace di accogliere il mondo intero. La sua sedia a rotelle, su questa Terra, è stata la Croce portata con fede e dignità, attraverso cui abbiamo potuto vedere Gesù. Ci mancherà, ma dal Cielo continuerà a ricordarci la potenza della libertà e della vita, al di là della sofferenza e della morte».

Nelle sue parole quasi un testamento spirituale per vivere secondo i valori che ha testimoniato con la sua vita. Scriveva: «vivere nel Movimento è stato un dono che mi ha fatto crescere nella fede e nel legame con i fratelli. Spero infine che tutti sapremo vivere con molta semplicità e impegno la Parola, quella realmente non passa e ci chiama a responsabilizzare i nostri gesti per il bene del nostro prossimo vicino e lontano».

Tutta la Fondazione Missio e i giovani missionari di oggi sono vicini a Fulvia e Oscar nel momento della morte di Guido che ora, come scrive un amico «è finalmente libero di correre per i prati del paradiso, come scriveva nei suoi recital».