Il Premio Cuore Amico, il Nobel riservato ai missionari, quest’anno va a tre persone speciali che hanno saputo fare della missione una scelta esistenziale forte e totalizzante.

Si tratta di Padre Gianpietro Carraro, fidei donum in Brasile, di suor Evelina Mattei, missionaria in Congo e di Carla Magnaghi, missionaria laica in Sud Sudan. Giunto alla sua ventottesima edizione, il premio è stato consegnato sabato 20 ottobre alla vigilia della giornata missionaria mondiale e a pochi giorni dalla canonizzazione di papa Paolo VI.

La consegna si è tenuta presso la casa natale del santo a Concesio (Brescia) sabato 20 ottobre nell’Auditorium dell’Istituto Paolo VI.

Padre Gianpietro Carraro ha scelto di vivere dormendo sotto i ponti e sui marciapiedi con il “popolo della strada”. In mezzo ai poveri, come i poveri e per i poveri, fino a una piena e totale identificazione con loro nelle favelas brasiliane. Originario di Sandon di Fossò (VE), è stato ordinato sacerdote a Chioggia nel 1987.

Nel 1994, durante un viaggio in Brasile, nelle strade di San Paolo viene folgorato dalla miseria delle favelas: durante una visita tra le baracche della favela della città, padre Gianpietro incontra una famiglia estremamente povera, una mamma con tre bambini, uno di loro stava succhiando un corno di bue, gli altri piangevano per la fame.

Sente dentro una voce che gli dice: «Io sono qui dove sei tu, dove vuoi andare?». La risposta di padre Gianpietro è: «i poveri sono la mia famiglia, non devo cercare più! Da qui non uscirò più».

Suor Evelina Mattei è invece una suora Maestra di Santa Dorotea di 70 anni, più della metà dei quali trascorsi tra Burundi e Repubblica Democratica del Congo.

Nel 1975, conseguito il diploma di infermiera e ostetrica, parte da Concesio (BS) per il continente nero. A Rukago e a Matara, in Burundi, accoglie nei due dispensari delle missioni tantissimi bambini. Soprattutto assiste e incoraggia le mamme, offrendo loro nozioni di igiene e alimentazione. La guerra costringe la comunità delle suore a rifugiarsi nell’ex Zaire.

A Kaniola, nel cuore della foresta equatoriale, apre una nuova comunità insieme ad alcune consorelle. Infine, la terza premiata è Carla Magnaghi, classe 1942, andata sempre dove l’urgenza di carità richiedeva. Da insegnante si appassiona all’attività riabilitativa per bambini con disabilità e si specializza in psicomotricità e logopedia. Nei momenti difficili del Sud Sudan Carla ripete un detto locale: «Il Signore lo sa, il Signore c’è».

Originaria di Càrdano al Campo (VA), insegue il sogno di diventare missionaria e, a 18 anni, entra a far parte dell’Istituto Secolare delle Piccole Apostole della Carità che si occupa di disabili. Da insegnante si appassiona alla riabilitazione dei bambini con disabilità e si specializza in psicomotricità e logopedia.
Dopo molti anni trascorsi professionalmente fra Como e Varese, nel 1988 le viene chiesto di recarsi a Juba in Sud Sudan, dove l’Istituto vuole aprire una nuova sede, il Centro Usratuna (La nostra famiglia in arabo). Juba all’epoca è un villaggio fatto per lo più di capanne, immerso in un ambiente arido e in un’estrema povertà.

A cinque mesi dal suo arrivo scoppia, nel 1991, la guerra: il villaggio è preso d’assalto dai ribelli e il Centro Usratuna viene invaso da più di tremila civili che vi si rifugiano per sfuggire alle mitragliate.
Diventata esperta nel linguaggio dei segni segue anche i bambini con sordità. Oggi in Sud Sudan infuria nuovamente una guerra tra due gruppi tribali, i Dinka e i Nuer.