Dopo l’epidemia, una globalizzazione diversa” è il titolo della copertina dedicato al dossier centrale di Popoli e Missione di giugno in cui vengono analizzati i tratti salienti del cambiamento che il mondo sta vivendo in seguito alla pandemia. L’immagine di copertina – una giovane mamma indiana con il bambino in braccio, gli occhi del piccolo pensierosi e spaventati dietro la mascherina- rappresenta il momento storico in cui viviamo, mentre cerchiamo di intravvedere cosa ci aspetta oltre la paura. Un sentire comune che è ben sintetizzato dall’editoriale di don Giuseppe Pizzoli “Un mondo al di là di queste mura” in cui è messo in rilievo il ruolo della Chiesa nei Paesi colpiti dal Covid-19, attraverso le testimonianze dei missionari. Nell’editoriale don Pizzoli sottolinea anche l’importanza di questo numero che segna il una importante novità, salutando «padre Giulio Albanese che ci ha accompagnato con competenza in questa missione per ben 13 anni» e presentando ai lettori il nuovo direttore il giornalista Gianni Borsa «un professionista di lunga esperienza nell’ambito dell’agenzia SIR (Servizio di Informazione Religiosa), già direttore dell’Editrice AVE e della rivista “Segno nel mondo” dell’Azione Cattolica».

Grandi masse di poveri vivono in emergenza, esposte a squilibri sociali, collassi sanitari ed economici. E’ il caso del subcontinente indiano in cui esplodono le diseguaglianze e le cure sono accessibili solo ad una ristretta percentuale della popolazione. Là dove milioni di persone soffrono, la Chiesa e i missionari sono presenti, come in Nicaragua dove il regime di Daniel Ortega nega la pericolosità dell’epidemia e c’è preoccupazione per lo scarso numero dei contagi a causa delle carenti strutture sanitarie. Tra i servizi da segnalare in questo numero anche il punto della situazione sui progetti di cooperazione “congelati” dal lockdown in molti Paesi e per la mancanza di fondi; una inchiesta sulla regolarizzazione degli immigrati al lavoro nei campi italiani e il sistema del caporalato; la testimonianza di suor Angel Bipendu, medico congolese in servizio in una struttura sanitaria della Val Brembana, in prima linea contro la tempesta del Covid-19.