Il Perù ha celebrato la festa del Corpus Domini, lo scorso 14 giugno, nel pieno della pandemia di Coronavirus, devastante per migliaia di persone, soprattutto nelle zone più povere dove mancano medicinali, respiratori e dispositivi sanitari. A raccontare a Migrantes Online la sofferenza di un popolo che sta vivendo un dramma senza precedenti, è padre Emerson Campos Aguilar, Coordinatore nazionale dei peruviani in Italia. Il sacerdote si trova al momento in Perù, dove è rimasto bloccato per via del lockdown.

«Non ci sono medicine, mancano i viveri. Alcuni dicono che preferiscono morire  a casa perchè  sanno che qualcuno li assisterà aiutandoli anche a lenire il proprio dolore», racconta il sacerdote a Raffaele Iaria.

Il sacramento del pane oggi si traduce in questi tempi di sofferenza «nella  teologia della pentola», dice: «la gente muore di fame e attorno alla pentola comune racconta i propri dolori, le proprie speranze,  le proprie morti e tutto quello che ogni persona porta nella sua storia silenziosa della presenza di Dio».

Dopo il Brasile il Perù è il secondo Paese con il maggior numero di decessi per Covid; il virus si va ad aggiungere «all’estrema povertà soprattutto in alcune zone, alla mancanza di lavoro  e di beni necessari».

Nella zona al confine con Brasile, Ecuador e Colombia, racconta ancora padre Emerson a Migrantes online, nella parrocchia di Santo Toribio de Mogrovejo, si riesce a dar mangiare a 1500 persone ogni giorno. Si tratta di gente «senza lavoro,  anziani  soli, persone che arrivano dopo aver camminato due o tre ore a piedi sotto il sole o la pioggia, per ricevere del cibo che serve loro per l’intera giornata. A loro diamo anche delle mascherine». Qui non c’è un ospedale ma solo un piccolo pronto soccorso, non ci sono medicine e per i malati l’ossigeno necessario. Il primo ospedale Covid è a tre ore di macchina.

«Abbiamo aiutato alcuni donando noi le bombole d’ossigeno», grazie anche ad un aiuto ricevuto dalla  Fondazione Migrantes, dice il sacerdote.