Papa Francesco, ancora una volta, rivela di essere un grande statista sul palcoscenico mondo, affermando che la politica non può essere al servizio della finanza. È il monito contenuto nel documento Oeconomicae et pecuniariae quaestiones – presentato ieri nella sala stampa della Santa Sede – che critica duramente la speculazione finanziaria.
Il testo, approvato dal Santo Padre, offre alcune “considerazioni per un discernimento etico circa alcuni aspetti dell’attuale sistema economico-finanziario”, come recita il sottotitolo, ed è stato elaborato dalla Congregazione per la dottrina della fede e dal Dicastero per il servizio dello sviluppo umano integrale. “La recente crisi finanziaria – si legge nel testo – poteva essere l’occasione per sviluppare una nuova economia più attenta ai principi etici e per una nuova regolamentazione dell’attività finanziaria, neutralizzandone gli aspetti predatori e speculativi e valorizzandone il servizio all’economia reale”. Eppure “non c’è stata però una reazione che abbia portato a ripensare quei criteri obsoleti che continuano a governare il mondo”. È quindi in gioco “l’autentico benessere della maggior parte degli uomini e delle donne del nostro pianeta, i quali rischiano di essere confinati in modo crescente sempre più ai margini, se non di essere esclusi e scartati”. Parole che mettono, per così dire, nero su bianco una drammatica realtà, più volte denunciata dal mondo missionario.
Il documento invita ad “elaborare nuove forme di economia e finanza, le cui prassi e regole siano rivolte al progresso del bene comune e rispettose della dignità umana, nel sicuro solco offerto dall’insegnamento sociale della Chiesa”. E sollecita “una riflessione etica circa taluni aspetti dell’intermediazione finanziaria”, il cui funzionamento “non solo ha prodotto palesi abusi ed ingiustizie, ma si è anche rivelato capace di creare crisi sistemiche e di portata mondiale”.
Come abbiamo scritto in più circostanze sulla nostra rivista Popoli e Missione, il denaro, in termini generali, può generare distorsioni, può alimentare ingiustizie, può concorrere a finanziare attività illecite e/o società o regimi che calpestano i diritti umani, pertanto non possiamo non porci il quesito, nel momento in cui siamo chiamati a impiegarlo, di chi o che cosa andrà a finanziare. Ma sarebbe riduttivo, se non addirittura distorsivo, limitarci a considerare solo taluni fattori, ancorché estremamente importanti, trascurando gli effetti aberranti di una speculazione finanziaria senza regole. Il ciclo espansivo finanziario a cui stiamo assistendo dura da 9 anni ed è in buona parte indotto da una politica monetaria espansiva senza precedenti (!) e un incremento della leva (debito) che mai abbiamo visto congiuntamente sul fronte pubblico e privato. Negli ultimi 15 anni il debito globale aggregato è cresciuto di 6 volte. Il dato è di per sé impressionante, ma se veramente lo vogliamo apprezzare fino in fondo dobbiamo confrontarlo con qualcosa che ne dia contezza in termini di ordine di grandezza. Quanto è cresciuto il Pil globale nello stesso periodo? Indicativamente meno del 3% medio annuo il che significa, volendo arrotondare per eccesso, meno del 50% in 15 anni. 600% contro 50%! Se il debito è sempre stato l’elemento cardine del sistema economico, la dimensione che oggi ha raggiunto è gigantesca e tale da non poter essere trascurata. Non dimentichiamo che l’ultima crisi finanziaria del 2008, nata dalla bolla immobiliare, è imputabile proprio agli eccessi di indebitamento, complice una finanza connivente, che ha poi portato, con il più classico degli effetti domino dell’interconnessione globale, a una crisi di fiducia nel sistema di garanzie. Possiamo dire allora che le politiche monetarie ultraespansive hanno gonfiato nuove bolle senza raggiungere l’economia reale e che le conseguenze per i risparmiatori sono state in primis la “repressione finanziaria” che è una forma subdola per far pagare agli individui in termini di minori introiti (per non dire nulli o negativi) o di maggiore imposizione fiscale, il prezzo di scelte politiche sconsiderate sia da parte degli Stati (cf. rapporto debito/Pil italiano che per i manuali di economia è già oggi insostenibile) che dei privati (cf. grandi istituzioni bancarie, es. Monte dei paschi di Siena). Se da una parte sono state introdotte nuove e più stringenti normative volte a regolamentare intermediari e mercati, oltre che garantire maggiore trasparenza agli investitori, dall’altra sono aumentati a dismisura i c.d. “prodotti complessi” ossia tutti quegli strumenti che contengono vere e proprie scommesse (derivati non usati a scopo di hedging) con buona pace delle autorità di Vigilanza. Basti guardare al mondo degli strumenti monetari (cosi classificati in Italia dalla Consob) all’interno del quale si scoprono componenti in opzioni su indici azionari e quant’altro che nulla hanno a che vedere con la definizione di investimento monetario. Il mondo finanziario è sempre più dominato da algoritmi e strumenti replicanti (c.d. Etf) capaci di attrarre ingenti somme di denaro per il basso costo e la”apparente” efficienza. Tali strumenti, gestiti per gran parte dalla generazione dei c.d. millenials che non ha mai vissuto una vera crisi finanziaria e che pertanto opera con grandi conoscenze tecniche, ma scarse umane ed esperienziali, è una potenziale “arma di distruzione di massa” e ne è prova quanto accaduto ai primi di febbraio di quest’anno. Due Etf utilizzati da moltissimi gestori nel mondo e che scommettevano sul ribasso del Vix (indice che registra la volatilità delle opzioni sullo S&P), erano diventati così giganteschi che appena la volatilità stessa si è alzata (il minimo raggiunto era senza precedenti e indicatore di un elevato rischio di inversione) il loro patrimonio si è azzerato e gli strumenti sono immediatamente stati messi in liquidazione. Per non parlare infine di tutta la questione dello shadow banking (sistema bancario ombra) e dei derivati Otc, una finanza parallela che, mi si passi il paragone, come la criminalità organizzata, finisce con l’infiltrarsi tra le fila di quella ufficiale.
Questi sono temi su cui la Chiesa ha il dovere di riflettere e di intervenire dando voce ai poveri. Grazie papa Fracesco!