«La solidarietà e l’evangelizzazione sono strettamente legate. In alcuni luoghi del mondo il primo passo dell’evangelizzazione passa attraverso gesti d’amore concreti». Così il cardinale Luis Antonio Tagle, prefetto della Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli e presidente di Caritas Internationalis nella conferenza odierna presso la Sala Stampa Vaticana a chiusura della campagna “Share the Journey – Condividiamo il viaggio” aperta nel 2017. All’incontro hanno partecipato monsignor Bruno-Marie Duffé, segretario del Dicastero per il Servizio dello Sviluppo umano integrale, Aloysius John, segretario generale di Caritas Internationalis, e in collegamento da remoto suor Maria de Lurdes Lodi Rissini, coordinatrice nazionale della Caritas del Sud Africa.

In questi quattro anni della campagna, ha sottolineato il cardinale Tagle, sono state affrontate «alcune sfide: non solo ascoltare la voce dei migranti, ma le loro storie e preoccupazioni; non solo passare oltre, ma fermarsi come il Buon Samaritano, e vivere un momento di comunione con loro… Questa campagna ha contribuito a sviluppare e diffondere una nuova cultura a livello globale, una cultura viva dell’incontro personale, una nuova visione dell’accoglienza della persona umana nel migrante». Ricordando le sue “radici migranti” legate al nonno cinese andato nelle Filippine in cerca di un futuro migliore, il cardinale ha parlato della sua visita del 2015 nel campo profughi di Idomeni, in Grecia, dell’incontro con i rifugiati siriani in Libano nel 2016, del viaggio in Giordania nel 2017 che lo ha portato tra i rifugiati iracheni. Poi nei campi Rohingya di Cox’s Bazar in Bangladesh, visitati nel 2018 e nel 2019, dove ha provato «sentimenti contrastanti. Una parte di me si rallegrava del fatto che ricevessero l’attenzione che meritavano come esseri umani. Ma allo stesso tempo continuavo ad essere triste perché mi chiedevo se questo fosse per loro uno stato di vita permanente o temporaneo».

Nel momento storico in cui la pandemia dovrebbe portare alla solidarietà globale, e mentre gli Stati sono preoccupati di proteggere soprattutto i propri cittadini, la fine di questa campagna è un invito a continuare a condividere il viaggio con i migranti. «La campagna termina formalmente, ma la nostra missione verso le persone in movimento – i migranti e i rifugiati – continua. Invitiamo tutte le persone di buona volontà a vivere questa missione» ha concluso il cardinale Tagle che ha partecipato all’iniziativa #accendereunacandela a cui si può partecipare accedendo al sito https://lightacandle.caritas.org/.

Molti i traguardi raggiunti in questi quattro anni in cui sono state realizzate 130 iniziative dalle 162 Caritas nazionali appartenenti alla confederazione ed operanti in tutto il mondo. La campagna ha visto anche il sostegno di altre realtà quali la rete ecumenica Act Alliance e alcuni organismi delle Nazioni Unite come la FAO o l’UNHCR.

Molto resta da fare, con azioni mirate che non restino isolate come gocce di solidarietà che non dissetano masse di uomini e donne in gravi difficoltà. Suor Maria de Lurdes Lodi Rissini ha parlato della situazione in Sudafrica, meta d’arrivo per molti migranti e rifugiati provenienti da tutto il continente africano e in particolare da Lesotho, Zimbabwe, Mozambico, Zambia, Angola, e Malawi. «Migliaia di richiedenti asilo vengono dalla Repubblica Democratica del Congo e dalla Somalia – ha detto la religiosa.- La maggior parte dei migranti e dei rifugiati lavora nel settore informale e affronta enormi sfide per sostenere se stessi e le loro famiglie, specialmente ora che la pandemia ha accresciuto le diseguaglianze. Caritas Sudafrica ha preso a cuore il messaggio di papa Francesco della campagna “Condividere il viaggio” nel potenziamento del nostro servizio ai migranti e ai rifugiati in vari settori e città. Caritas Sudafricana di Aliwal North sta sostenendo che i bambini privi di documenti siano ammessi nel sistema educativo sudafricano e siano documentati. Nella zona mineraria di Rustenburg, Caritas assiste molte donne e bambini che giungono nella cittadina al seguito dei loro mariti dai paesi vicini. A volte, quando arrivano le donne, scoprono che i loro mariti vivono con altre donne o stanno costruendo un’altra famiglia. Hanno bisogno di sostegno economico per pagarsi un affitto, e di strutture di sostegno per non restare sole in un posto senza riferimenti».