Sono arrivata a San Paolo nel mese di giugno 2018 e mi sto inserendo nella nostra Comunità Missionaria di Villaregia qui presente e soprattutto nella realtà affidataci. Siamo nella diocesi di Campo Limpo, zona sud di San Paolo.

Tutti sappiamo che San Paolo è la città più grande del Brasile e dell’America Meridionale. Il Municipio di San Paolo conta 12 milioni di abitanti, ma l’agglomerato urbano della Regione Metropolitana arriva a 22.4 milioni di persone.

Nel XX secolo la regione è stata meta di migrazioni dall’Europa (dopo la Prima e la Seconda Guerra Mondiale), dal Giappone e dai paesi asiatici dopo la Seconda e, in tempi più recenti, dal Medio Oriente.

Dall’inizio di questo secolo gli immigrati arrivano invece dall’Africa e da Haiti. Il flusso migratorio più importante è comunque quello interno, proveniente dagli stati brasiliani del Nord e Nordest.

Polo industriale e principale centro commerciale del Brasile, San Paolo attrae molte persone povere delle aree rurali alla ricerca di un lavoro nell’industria, nel commercio o nell’edilizia. La città è vicina al principale porto del paese, luogo di intensa attività commerciale.
Un “mondo” che diventa concreto.

Tiago, un giovane di 30 anni, sposato da due: “Esco di casa alle 4.30 del mattino e torno alle 8.30 di sera. Ho solo la domenica libera”. Anche Dona Maria dice: “Avevo i bambini piccoli, ma dovevo andare a lavoro. Uscivo di casa verso le 4 del mattino e rientravo alle 19. Senza traffico riuscivo ad arrivare al lavoro in tre ore e a rientrare in tre ore, ma quando c’era traffico impiegavo più tempo”.
Vale anche la pena considerare che nella zona dove siamo piú del 25% ha un età inferiore ai 15 anni. Il reddito lordo procapite è 645 R$ al mese (circa 300 €).

Gli studenti dispongono di servizi scolastici di bassa qualità: nelle scuole pubbliche di istruzione di base lavorano docenti poco qualificati, scarsamente motivati e con attrezzature didattiche insufficienti; inoltre, a causa della mancanza di aule, i bambini sono costretti a frequentare la scuola in due turni (mattina e pomeriggio), mentre per gli adolescenti i turni sono addirittura tre (mattina, pomeriggio e alla sera).

Ciò comporta un elevato tasso di abbandono scolastico: nel 2010 solo la metà dei giovani tra i 18 e i 24 anni aveva completato le scuole medie.

Per una serie di concause, molti minori rischiando di entrare in contatto con le numerose “gang” criminali legate al narcotraffico e di inserirsi nella malavita locale; alcuni di essi entrano così nella marginalità, mantenendo talvolta solo deboli legami con la famiglia. C’è una strutturale debolezza che rende i minori facile preda di fenomeni di devianza, quali gravidanze precoci, abuso di alcool, uso di droghe, prostituzione infantile.

Nel 2011, la nostra zona era alla 24ma posizione tra i grandi municipi del Brasile per tasso di violenza fisica tra i minori, con un valore di 148,3/100.000 minori; le madri adolescenti erano quasi l’11%. Nello stesso anno era il secondo municipio dello stato di San Paolo per tasso di omicidi tra i giovani (in media 20 all’anno).

Oggi la nostra zona è classificata come la 3° più violenta dello Stato di San Paolo.
Nell’arrivare e nell’immergermi pian piano in questa realtà di cui vi ho trasmesso solo qualche “pennellata”, mi è stato facile, tra l’altro, far mie le parole di Papa Francesco pronunciate l’8 luglio 2018:

«Non manager onnipotenti, non funzionari inamovibili, non divi in tournée», non agiscono così gli autentici «messaggeri del Regno di Dio» che altro non possono avere se non un «bastone e dei sandali», «né pane, né sacca, né denaro nella cintura» perché «il Maestro li vuole liberi e leggeri, senza appoggi e senza favori».

E così in questo “mondo” si scoprono anche dei veri e propri miracoli.

Jeferson ha una piccola impresa edile, anche se questo termine è troppo altisonante per il lavoro umile che svolge, “Siamo in due, io e il mio socio Mario. Da quando Mario si è ammalato di tumore non può più lavorare. Ma lui non è mai stato il mio socio, lui è mio fratello. Così come è sempre stato tra di noi quando lavoravamo insieme, ogni mese continuo a dividere quanto guadagno in parti uguali, una per me e una per lui. Non ce lo insegnate anche voi missionari?”.

Chiedo a Dona Maria quanti figli abbia: “Due nati dal matrimonio e due “de criação” [adottati, fatti crescere come figli]. Da qualche anno è con me un ragazzo che ora ha 17 anni. Ha una famiglia disastrata alle spalle, l’ho cresciuto io ed ora sta lavorando con il fratello. Quando vengo qui alla missione a fare volontariato, gli lascio il pranzo già pronto”.

Ci si sente spesso poveri: poveri di risposte, di risorse, di “piedi” che portino il lieto annuncio nei meandri delle viuzze strette, impervie delle baracche, in mezzo agli alberi che a volte nascondono le “invasioni”, cioè le migrazioni di popoli che continuano in cerca di vita, di un futuro.

Ma noi siamo una missione: “Io sono una missione su questa terra, e per questo mi trovo in questo mondo” (EG 273). Cosa faccio a San Paolo? Cosa sono qui a San Paolo? Esattamente quello che ero in Italia, al SUAM o negli anni di intensa collaborazione con Missio: io sono una missione assieme a tanti altri.

A livello religioso, la nostra missione è oggi suddivisa in 12 comunità con quindi 12 chiese. Si calcola circa 80 mila persone che ne fanno parte, ma nessuna sa veramente quante siano. Ci sono zone di recente invasione con le quali stiamo camminando pensando e sperando che un giorno possano avere un volto maggiore di comunità, di popolo di Dio avendo quindi una chiesa, un luogo di incontro come segno di questo essere famiglia.

Così come manca la struttura della casa del Signore, tanta gente è priva di una vera casa: alcune hanno ancora parti in compensato, in plastica, in eternit. La maggior parte sono talmente semplici: mattoni, senza porte interne, piccole, senza un vero pavimento…

La mobilità della gente mette anche noi in movimento per andare incontro alla sete e fame di Dio e di pane. In questo tempo con alcuni laici abbiamo concluso una piccola ricerca in una zona della nostra missione a riguardo delle famiglie. E così con una quarantina di coppie inizieremo alcuni incontri sul sacramento del matrimonio per arrivare a celebrare il matrimonio comunitario con le coppie che potranno ricevere il sacramento.

La gente si riunisce in piccoli gruppi attorno alla Parola di Dio. Leggere e pregare la Parola ha un sapore diverso, speciale quando la stanza e la casa in sé è piccola, povera, la lettura stentata, ma il cuore totalmente spalancato.

Per i più piccoli sta funzionando il Centro Infanto Juvenil Santa Júlia, che ad oggi accoglie 170 ragazzi in situazione di vulnerabilità e di esclusione sociale – dai 6 ai 14 anni – e che vuole contrastare il disagio minorile puntando invece alla crescita personale. Indirettamente si sta agendo così su circa 900 familiari dei minori e sulle loro comunità di appartenenza.

Altro spazio per i giovanissimi è anche l’esperienza Juventude Da Hora che attualmente accoglie 150 ragazzi/adolescenti, in situazione di rischio personale e sociale dai 6 ai 17 anni, offrendo laboratori di arte e sport, ambiti di grande interesse per i giovani di questa fascia d’età.

Ci proponiamo di offrire, attraverso l’arte, cultura e lo sport, spazi di socializzazione, integrazione, di promozione del protagonismo giovanile e autonomia, al fine di educare alla cittadinanza attiva.

Altre opportunità per i giovani che sono sorte: un Corso pre-vestibular – che prepara all’esame di ammissione all’università, laboratori di arte, musica e sport in più punti della nostra missione.

Per gli adulti piccoli corsi di alfabetizzazione vorrebbero rafforzare l’autonomia, un minimo di possibilità di sviluppo, soprattutto un rafforzamento della coscienza della propria dignità e unicità.
Tutto questo è portato avanti anche dai laici, giovani e adulti. Vorremmo sempre più che loro ne siano i protagonisti.

Io mi sto inserendo in alcuni settori che vorremmo sviluppare meglio, come quello della comunicazione e dei progetti. E poi nel settore della formazione: formazione delle coppie a livello cristiano e umano; formazione missionaria in collaborazione con il CMD della nostra diocesi e di altre diocesi dello Stato di San Paolo, formazione dei catechisti. Tutti siamo una missione, andare oltre i propri confini è sempre una sfida e non è mai scontato. Anche se qui le necessità sono tantissime assieme a questi fratelli vorremmo tenere sempre accesa la fiamma dell’ad gentes.

In questo tempo è rientrata Jadrine, una giovane di 24 anni che ha voluto dedicare quattro mesi della sua vita nella nostra missione di Maputo, in Mozambico. Un segno della missionarietà di questa Chiesa che sa dare andando oltre se stessa e i suoi bisogni.
Sono felicissima di essere una missione qui dove il Signore mi sta chiamando ora, a San Paolo.