Anche le gerarchie ecclesiastiche sono prese di mira in Nicaragua, dove dal 18 aprile scorso è in atto una feroce repressione governativa del movimento di protesta pacifico e popolare, che chiede riforme e sicurezza sociale.

Stavolta una delegazione ecclesiastica formata dall’arcivescovo di Managua, il suo ausiliare e il nunzio apostolico, giunti a dare sostegno ai fedeli e ai parroci in difficoltà nella basilica minore di San Sebastiano a Diriamba, è stata aggredita dai paramilitari.

L’episodio è avvenuto domenica scorsa nella diocesi di Managua.

Da tre mesi a questa parte i paramilitari al soldo del presidente Daniel Ortega reprimono nel sangue ogni tentativo di manifestazione del dissenso contro un sistema sanitario e sociale oramai al collasso: sono oltre 300 le vittime, soprattutto giovani.

Il cardinal Leopoldo Brenes, monsignor Josè Silvio Baez e monsignor Weldemar Stanislaw Somertag, domenica scorsa erano in visita pastorale proprio per portare solidarietà e vicinanza, ma sono stati strattonati, aggrediti e privati del loro crocifisso. Subito dopo l’arcidiocesi di Managua ha emanato un comunicato molto duro parlando di «atto codardo condannabile ed esecrabile».

Il cardinal Brenes ha scritto poi un post sui social dicendo: «mai abbiamo visto in Nicaragua una situazione così, ed è veramente triste».

«La nostra missione è quella di esser presenti a Gesù Cristo. Eravamo andati nelle parrocchie per consolare i nostri sacerdoti ed accompagnarli nel cammino di sofferenza, tuttavia abbiamo ricevuto questo trattamento », ha aggiunto il cardinale.

Qualche giorno fa la Focsiv e Progettomondo avevano lanciato una petizione e raccolto quindicimila firme per chiedere al presidente Ortega di fermare subito la spirale di violenza in Nicaragua. 

«Il numero dei firmatari cresce di ora in ora – scrivevano in un comunicato – , così come purtroppo devono essere aggiornati con frequenza il numero dei morti e dei feriti, vittime della repressione del governo di Daniel Ortega.

Il movimento di protesta civica pacifica, guidato soprattutto dai giovani, ha una richiesta semplice: maggiori garanzie per il futuro. Il governo ha risposto con la forza: dal 18 aprile, giorno di inizio della protesta sono ormai 309 le persone assassinate e circa 120 gli scomparsi, ma i numeri continuano ad aumentare».