Nadia De Munari è l’unica italiana nell’elenco dei missionari uccisi lo scorso anno.

La vita di Nadia è una testimonianza forte che rivive nel ricordo dei suoi amici Massimo e Rossella Casa, le cui voci risuonano nel video che Luci Nel Mondo ha prodotto per Missio Giovani in occasione della Giornata dei Missionari Martiri.

«L’abbiamo vista crescere da quando era una ragazzina. Abbiamo condiviso le scelte che faceva, sempre più decisa a dedicare il suo tempo ai poveri». Massimo Casa, 64 anni, sposato dal 1983 con Rossella, quattro figli e cinque nipoti, ricorda con commozione Nadia De Munari, la volontaria laica uccisa a 50 anni il 24 aprile 2021 nel quartiere povero di Nuevo Chimbote in Perù, dove era presente da 30 anni con gli operatori dell’Operazione Mato Grosso.

Tre giorni prima di morire era stata aggredita nella casa-famiglia dove operava, e ferita gravemente a colpi di macete. Volevano portarle via una manciata di dollari e il cellulare. Massimo, che da 12 anni ha scelto di abitare nella canonica della parrocchia di San Giuseppe a Monte di Malo sui colli dell’Alto Vicentino per fare un’esperienza di vita comunitaria missionaria, non riesce a capacitarsi della morte di Nadia, sempre al servizio dei bambini poveri. «La sua morte mi sembra ancora oggi assurda. L’inchiesta ha portato all’arresto dell’esecutore del fatto, non sappiamo tutto quello che c’è intorno a questo assassinio inaccettabile, segno della povertà e del degrado di una società allo sbando, dove può succedere di tutto, anche che una persona venga uccisa per rubarle pochi dollari. Faccio fatica ad accettare che questo sia successo veramente, è un pensiero che non dà pace».

Nata a Giavenale, quartiere di Schio, in provincia di Vicenza, Nadia era una maestra d’asilo che aveva scelto la strada della missione. Prima in Ecuador per un anno e poi in Perù dove era ormai da quasi 30 anni. Si occupava dei bambini più poveri, in sei asili e una scuola elementare in una baraccopoli a Nuevo Chimbote, sulla costa centro-settentrionale del Paese. Qui aveva fondato anche la casa-famiglia “Mamma mia” per ragazze madri, dove accoglieva adolescenti in difficoltà e dove abitava lei stessa. Sono proprio le giovani madri che l’hanno soccorsa la notte in cui è stata aggredita, cercando di salvarla con una corsa contro il tempo per portarla in ospedale nella capitale Lima. Ma Nadia ormai aveva perso troppo sangue e le ferite erano troppo profonde e purtroppo non ce l’ha fatta.

Agli amici più cari come Massimo e Rossella, Nadia manca molto, anche se – come sottolineano – il suo esempio resta presente più che mai: «Il suo impegno era a 360 gradi, si era donata a questo servizio. Le sue erano giornate di impegno, attività, dedizione di progettualità e cura a chi viene dimenticato. Se lei notava che la mamma di un bambino era strana, cercava di avvicinarla per cercare di aiutare il bambino anche attraverso la sua mamma. In questo regalarsi, Nadia è sempre stata serena. Era convinta che fosse un modo bello e importante per vivere la sua vita».

 

Guarda qui il video “Nadia che amava i fiori”

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