E’ “Voce del Verbo” lo slogan scelto da Missio Giovani per la 30esima Giornata dei Missionari Martiri, che si celebrerà, come di consueto, il prossimo 24 marzo.

Nel primo dei sette video realizzati da Luci nel Mondo per Missio, il segretario nazionale Giovanni Rocca presenta il tema entrando nel dettaglio.

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A beneficio di chi vuole utilizzare il materiale prodotto per la Giornata dei Missionari Martiri come stimolo per vivere una Quaresima di riflessione sulla propria vocazione, e per un confronto nei gruppi di animazione missionaria di giovani (e non solo), ecco qui tre strumenti:

 

Mentre in Europa si realizza il paradosso di cristiani che trovano scandalo nei diritti concessi e nei doveri negati, che aprono sinodi sui gesti liturgici e si indignano per il distanziamento nelle Chiese, nel resto del mondo migliaia di donne e uomini vengono uccisi perché fedeli al Vangelo liberatore. Basta rivolgere lo sguardo al Medio Oriente (più vicino di quanto si pensi), per accorgersi delle brutalità cui sono sottoposti le nostre sorelle e i nostri fratelli. In Asia è quotidianità. Nel continente africano non si conosce l’esatto numero delle vittime. Nell’America Latina, e non solo, la lotta per i diritti sociali e la professione della fede si fondono e subiscono la stessa sorte. Noi, silenti spettatori. Pare non ci riguardi la persecuzione di chi professa la nostra stessa fede. E anche di chi condivide con quei cristiani il medesimo destino avverso.

E se fosse la nostra indifferenza la causa del loro martirio?

Osservando questo terribile fenomeno ci accorgiamo di quanto gli episodi di violenza corrispondano alle zone geografiche più impoverite, occupate da conflitti e repressioni. Dove governano l’odio e i soprusi, il cristianesimo non è il benvenuto perché mina vagante della libertà e della giustizia sociale. Tra le tante, troppe vittime, troviamo ogni anno donne e uomini che non vengono uccisi nella propria terra ma in quella di adozione, laddove l’annuncio della Buona Notizia li ha condotti: sono i missionari martiri; echi della “Voce del Verbo”, del Dio fattosi uomo, prossimo alle sofferenze che attanagliano il genere umano.

Nella biografia degli estremi testimoni della fede, non troviamo atti eclatanti ma l’amore del Padre incarnato nella vita quotidiana, con semplicità e coerenza. La vera arma che spaventa chi si innalza sull’altro è la bontà evangelica che trabocca dall’esistenza del martire. Fuori dagli epitaffi, invece, leggiamo una lista sconfinata: coloro che sono ancora in vita ma ai quali la vita è stata rubata, privati della libertà di parola e azione, dei diritti fondamentali, del necessario per vivere e crescere i propri figli. Martiri del sistema che esalta il ricco e stritola il povero.

La coerenza al messaggio del Maestro è cosa rara oggi, in special modo laddove la religione è un lusso che pochi possono permettersi. È in quei luoghi che il missionario sceglie di posare i piedi: una scelta di cuore che porta con sé l’assunzione di tutti i rischi del “mestiere”. Ciò non fa dell’annunciatore del Vangelo di Cristo un incosciente; al contrario, testimonia la volontà di andare nonostante tutto, la guerra, la fame, il pericolo. Pronunciando quel “sì” davanti a Dio e alla Chiesa, il missionario sposa il popolo che lo accoglie, con gli onori e gli oneri che ciò comporta. L’invio di uno dovrebbe rappresentare la volontà e il sostegno di molti, di una comunità che sostiene l’annunciatore lontano dalla terra natale. Questo viene spesso interpretato col sostegno economico e di risorse, transazioni monetarie e container che attraversano l’oceano per raggiungere gli inviati sul campo. L’atto di generosità non è accompagnato, però, dalla coscienza di ciò che accade in quella terra, dei drammi sociali che si consumano ogni giorno nei tanti Sud del pianeta. Risultato: ricche comunità cedono un’insignificante parte del proprio per aiutare chi è nel bisogno ma dello stato e delle ragioni di quella povertà, spirituale o materiale, non si parla; inciderebbe troppo sullo stile di vita del cristiano da salotto.

Mentre la quotidianità uccide il povero con la fame, l’oppresso con la guerra e con le ingiustizie, l’ammalato con le disuguaglianze, il missionario, che ciascuno di noi incarna col mandato battesimale, è chiamato a farsi prossimo e abbracciare l’umanità ferita. Questo atto di cuore spaventa, intimorisce, disarma l’ingiusto che spesso, troppo spesso, ha paura e preme il grilletto.

Alfred e Patrick avevano 18 anni, due semplici ma convinti e attivi giovani di parrocchia che leggevano la parola “libertà” tra i versetti della Parola di Dio. Non erano gli eroi evangelizzatori del XVI secolo, non avevano l’obiettivo, tantomeno la pretesa, di convertire nessuno. Sognavano un Myanmar libero all’altezza dei loro sogni, dove crescere nel giusto e sperare in un domani migliore. Il 27 maggio 2021 un cecchino dell’esercito regolare birmano li ha uccisi a sangue freddo: stavano porgendo il pane agli sfollati dal conflitto.

Giovanni Rocca, segretario nazionale Missio Giovani