
Uno dei sette docufilm realizzati da Luci nel Mondo per la Fondazione Missio, in occasione dell’Ottobre missionario, racconta l’esperienza della diocesi di Reggio Emilia in Amazzonia.
Siamo, precisamente, nella diocesi dell’Alto Solimões, in Brasile, al confine con la Colombia. Una terra di fiumi senza confini, di comunità indigene lungo questi fiumi e di comunità riberinhe, ovvero di comunità che si sono sistemate sulle rive cercando possibilità di vita. Che ci sono, viste le immense ricchezze dell’Amazzonia. Però, le sfide sono grandi. Tra tutte, una terra troppo ricca per essere lasciata in pace da chi ha come unico scopo nella vita quello di arricchirsi.
Gli interessi economici in Amazzonia sono enormi: non solo il disboscamento per ricavarne legname pregiato da esportare in tutto il mondo, ma anche mille altre ricchezze: l’oro che richiama i garipeiros, sciagurati senza nessuna etica, che usano il mercurio per isolare l’oro dal resto del metallo facendo morire interi fiumi e le persone che ci vivono. E poi: tonnellate di droga che si spostano lungo queste acque impossibili da controllare, il traffico di persone ridotte a schiave… Chi si frappone viene minacciato.
Il vescovo dell’Alto Solimões è monsignor Adolfo Zon Pereira, saveriano spagnolo. Con lui lavorano don Gabriele Carlotti, don Paolo Bizzocchi e, fino a pochi mesi fa, don Gabriele Burani. Don Paolo Cugini lavora a Manaus.
«Fare il missionario qui vuol dire farsi giornate di barca per arrivare in comunità dove spesso nessuno ti aspetta e dove devi aspettare che finiscano i loro lavori se vuoi incontrare qualcuno».
«Fare il missionario qui vuol dire non portare chi sei tu, la tua idea di Chiesa e di missione, ma lasciarti condurre da questa gente. Dio anche qui è già arrivato, con il suo Spirito, e ha forme, espressioni e tradizioni lontanissime dalle nostre, ma in perfetta simbiosi con la natura fantastica nella quale la gente vive».
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