I giovani come destinatari privilegiati dell’evangelizzazione missionaria; ma anche artefici in prima persona del cambiamento di prospettiva, che parte dall’interno e si riversa all’esterno, facendo migliori tutte le cose.

E’ questo il messaggio emerso dal Meeting nazionale di Missio Giovani che quest’anno è stato trasmesso interamente in streaming, per via delle norme anti-Covid e che però non ha perso la sua efficacia.

Ad aprire Next Generation, che è anche una “bussola” per orientare i ragazzi lungo un cammino missionario che durerà un intero anno, in dieci tappe, il Segretario Nazionale di Missio Giovani, Giovanni Rocca, che ha illustrato il senso di questa agenda missionaria, a partire proprio dalla Giornata Missionaria Mondiale del 18 Ottobre, alla quale tutti sono chiamati a partecipare.

«Cosa possiamo fare noi oggi? – si è chiesto Rocca – In ogni momento dell’anno, ognuno di noi, sarà cosciente del fatto che sta compiendo lo stesso cammino assieme a tutte le realtà giovanili missionarie d’Italia».

Declinare la missione nelle realtà parrocchiali e diocesane di riferimento, ognuno a proprio modo, è l’impegno assunto dai giovani missionari.

«I giovani sono destinatari di un messaggio che li apre ad una visione nuova delle cose, del mondo e di Dio – ha aggiunto don Valerio Bersano, segretario nazionale dell’Opera per la Propagazione della Fede – I missionari portano l’annuncio del vangelo in luoghi molto lontani dal nostro, e questa evangelizzazione è una proposta straordinaria per i giovani: perchè il vangelo trasforma la vita. Vorremmo che altri giovani si lasciassero coinvolgere: annunciare Gesù Cristo oggi, significa aumentare l’attenzione alle persone più fragili, più deboli».

E ancora: «i giovani hanno una sensibilità per vedere negli altri una ricchezza. Sono vivaci nel loro incontrarsi. I centri missionari sono luoghi dove incontrare altre persone. Il tema di questa giornata è Tessere fraternità, è un invito a incontrarsi, a  formarsi, a fare attenzione alla promozione umana e al cammino delle nostre chiese che annunciano la novità di Cristo».

La terza tappa di Next Generation sarà costituita dagli incontri nelle diocesi e a questo proposito una ragazza della diocesi di Alatri, Elisa, ha parlato della propria esperienza di missione estiva. Anche se, come ha spiegato, «essere testimoni non è solo raccontare la propria esperienza di missione ma partecipare attivamente alle attività».

Elisa è stata in missione dieci giorni in Etiopia e poi tre settimane in Thailandia: «quello che mi riporto dalla Thailandia – ha detto – è il sorriso che era sulla bocca di tutti».

«Oggi il mio impegno missionario è partecipare il più possibile alle attività della mia diocesi. Ho collaborato col Centro missionario diocesano e poi faccio la catechesi dei bambini. Cerco di seguire la loro formazione tenendo in considerazione la parte missionaria».

Eleonora Borgia, della Segreteria nazionale di Missio Giovani, ha ricordato tramite dati e statistiche, le condizioni di povertà dell’infanzia nel mondo: «secondo l’Unicef nel 2019 c’erano 41 milioni di bambini al mondo senza accesso ai beni primari, ossia acqua, cibo, istruzione e protezione. Vedi la Libia e il Sud Sudan. In Bolivia i ragazzini sniffano colla per far fronte alla fame. Anche in Italia, dice l’Istat, la povertà assoluta è in aumento».

Cosa fare a fronte di tutta questa necessità?

Lo ha spiegato bene Suor Francesca Centorame, missionaria dell’Immacolata, al PIME. «Essere presenza di ascolto ovunque si è».

«Nel 2009 sono stata in Amazzonia – ha detto suor Francesca  – lì ho sperimentato una missione molto vicina a me. Da novizia, prima di diventare suora sono stata in India per cinque mesi e lì ho capito che Dio non è dentro le nostre quattro mura. Dio non ha confini».

«Cinny è una ragazza che ho incontrato in India – ha proseguito – aveva un problema, e voleva qualcuno che la ascoltasse e che le stesse vicino. Io allora ho capito che io, Cinny, così come le donne lebbrose che avevo incontrato qualche settimana prima, eravamo tutte uguali: una di fronte all’altra eravamo uguali. Persone con gli stessi desideri e gli stessi bisogni. Bisogna andare, partire, per scoprire che Dio è anche lì».

«Io non posso dimenticarmi di Cinny – ha aggiunto la missionaria – Io vivo la mia missione da giovane suora come una presenza. Come uno stare accanto a tanti giovani. È possibile vivere una vita bella, piena e la missione per me è restare accanto alle persone lì dove vivo».

Essere giovani missionari, dunque, significa, avere l’attitudine all’ascolto, alla disponibilità, alla visione di Dio ovunque si è.

Questa la sintesi di un meeting che è stato molto seguito con oltre mille visualizzazioni, sebbene on-line. Domani sera si prosegue con i laboratori tematici che consentiranno ai giovani di incontrarsi, anche solo virtualmente. 

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