Venti anni di carcere. E’ la severa pena cui è stato condannato Nasser Zefzafi, uno dei quattro leader del movimento Hirak in Marocco, accusato d’aver attentato alla «sicurezza dello Stato».

Il verdetto del tribunale di Casablanca arriva dopo una lunga attesa che lascia disarmati i giovani ribelli del Rif berbero, al nord del Marocco povero, che da anni si battono pacificamente per avere «ospedali, case e istruzione». Servizi essenziali che nella zona costiera del nord, trascurata e lasciata sempre ai margini, mancano quasi del tutto.

L’accusa rivolta a Nasser formalmente è di «complotto finalizzato ad attentare alla sicurezza dello Stato». Gli altri contestatari sono stati condannati a pene variabili da cinque a dieci anni di reclusione.

Il movimento Hirak nasce alla fine di ottobre del 2016 dopo la morte del pescatore povero Mouhcine Fikri, rimasto stritolato dai meccanismi di un veicolo della nettezza urbana, mentre tentava di recuperare la sua merce gettata via dalla polizia.

Da quel momento in poi è stata guerra aperta nel Rif: gli altri pescatori e poi tutti gli abitanti del villaggio ogni giorno manifestavano contro un governo definito «corrotto».

Nawal Ben Aissa era diventata la portavoce ufficiale del movimento spontaneo Hirak, da quando Nasser Zefzafi era stato arrestato con l’accusa di sobillare il popolo e dividere la comunità islamica. Trentasei anni e quattro figli, niente velo, Nawal era l’eroina del Rif.

Gli attivisti di Hirak (sostanzialmente gli abitanti berberi dei villaggi, dagli studenti ai pescatori; dalle donne con figli ai blogger ai disoccupati) dal 28 ottobre 2016 in poi (giorno della morte del pescatore Mouhcine) hanno riempito le piazze con le loro rivendicazioni assolutamente pacifiche. Chiedendo «sanità, scuola e acqua. Cibo e case».

La parola fitna (che sta per dissenso o anche scontro teologico) è l’accusa rivolta dal re Mohammed VI a Nasser Zefzafi e agli altri ribelli di Hirak. I rivoltosi non risparmiano infatti le critiche agli imam, sebbene siano essi stessi molto religiosi.

Basti pensare allo stesso Nasser che per certi versi è davvero tradizionalista, ma il suo integralismo lo aveva portato a contestare in moschea gli imam che considerano le moschee «più di Dio che dei poveri», secondo le sue stesse parole.

Il movimento Hirak contesta anche un’autorità, quella del re, che per statuto sarebbe discendente di Maometto ma che loro dicono, fa solo i propri interessi. Per i berberi del Rif un re che non guarda al bene dei propri sudditi e un’autorità religiosa che predica senza tener presente le reali richieste della gente povera, non è “rispettabile” da un punto di vista coranico.