«La vera battaglia oggi non è per il raggiungimento dei diritti – quelli sulla carta ci sono – ma per la loro esigibilità», soprattutto per quanto riguarda la tutela della vecchiaia per gli immigrati in Italia e le categorie più svantaggiate. Avere accesso ai relativi servizi previdenziali non è sempre facile.
Stefania Congia, dirigente della DG immigrazione presso il Ministero del Lavoro, ha così parlato ieri degli obiettivi del progetto appena concluso, “Long life welfare: il volontariato a supporto della tutela e dell’autotutela”, e presentato ieri dai tre organismi promotori, centro studi Idos, Anolf e Antea presso la sede della Cisl a Roma.
Si tratta di un progetto innovativo, finanziato integralmente con 90mila euro dalla Fondazione con il Sud, in sinergia con Anteas, Idos e Anolf, per la formazione di 500 volontari che faranno da “facilitatori di conoscenze sulla materia previdenziale” e da intermediari sulle procedure burocratiche per gli immigrati. Il punto è infatti che la maggior parte dei lavoratori di origine straniera in Italia, in parte perchè costretta a lavorare in nero, in parte perchè non a conoscenza dei diritti previdenziali, rinuncia spesso alla seppur scarsa pensione.
Sono sei le regioni italiane coinvolte: Campania, Calabria, Puglia, Basilicata, Sicilia e Sardegna. I partner opereranno attraverso sinergie con le strutture pubbliche per favorirne l’accesso delle persone.
Sono molte le persone che potranno beneficiare di questa iniziativa, dalle donne immigrate, colf o badanti, spesso lavoratrici in nero, che in futuro avranno difficoltà a maturare una pensione.
Il progetto ha spiegato Mohamed Saady, presidente dell’Anolf nazionale, ha voluto rafforzare la rete nazionale di volontariato presente in maniera capillare nelle regioni selezionate.
L’intenzione è quella di stabilire e consolidare collegamenti orizzontali e creare modalità di co-working in modo tale che volontarie beneficiari possano proseguire con le sinergie avviate.