«Cerchiamo insieme il senso di questo tempo come Chiesa, come cristiani attendiamo il Signore, a volte delegando a questo arrivo la soluzione dei problemi. Ma i segni di Dio ci stupiranno sempre, impedendo che la nostra comunità si assopisca». Così monsignor Giuseppe Satriano, arcivescovo di Bari e presidente della Fondazione Missio nell’omelia della santa Messa che ha aperto la terza giornata di incontri alla Domus Pacis di Assisi. «Sentiamo l’urgenza di vigilare sulla realtà, di cercare il senso di quello che viviamo, di fare uso del discernimento- ha detto commentando la parabola dei talenti -, ma dobbiamo essere mossi dall’amore, dalla fiducia in Dio più che dalla paura. La Chiesa deve cambiare il passo, da programmatica deve diventare paradigmatica, deve abitare l’adesso nella capacità di giocare i talenti e spendere la missionarietà guardando al futuro».

Serena Noceti

Laura Verrani con la consueta lectio ha introdotto il tema della giornata “Tra discernimento e comunione: il cammino sinodale”, che la teologa Serena Noceti ha approfondito nella sua relazione su “Lo stile missionario-sinodale della Chiesa oggi”. «Missionaria e sinodalità si incontrano nel percorso di rinnovamento della Chiesa –ha detto -. Sessant’anni dopo, siamo ancora nel grande cantiere aperto dal Concilio Vaticano II e alcuni grandi temi come quello dell’ad gentes sono al centro della fida della Chiesa universale che si riconosce come popolo di Dio». La riforma di papa Francesco è espressione del bagaglio conciliare, si muove su un paradigma missionario e sulla prassi sinodale. «La sinodalizzazione della Chiesa intera è un processo permanente, una dinamica aperta – sottolinea Noceti – che si organizza su tre piani: conversione, rinnovamento delle relazioni , delle strutture. E’ il momento di vivere la trasformazione camminando insieme e cooperando». Il modo più concreto di essere “Chiesa in uscita” dove tutti i battezzati vivono inter-azioni in una dinamica di partecipazione comunicativa che si compone in una polifonia ecclesiale. La Chiesa sinodale è una realtà di tutti e per tutti, con un nuovo spazio per la partecipazione dei laici e in particolare delle donne, la Chiesa sinodale è basata sul dialogo e costruisce il nuovo».

Nel pomeriggio la sessione “collegialità e sinodalità come parte della natura della Chiesa ”dedicata all’ascolto di testimoni dell’ecumenismo. L’incontro interconfessionale a tre voci ha messo in luce prassi e significati della sinodalità nella vita delle comunità religiose. «L’identità sinodale è il carattere fondamentale di una Chiesa. I protestanti non hanno una gerarchia, è il sinodo che incarna l’autorità. Si riunisce una volta l’anno e in questa sede vengono prese le decisioni è come un parlamento in cui si decide che decisioni prendere nell’anno a venire» ha detto Ilenya Goss, pastora valdese a Mantova, in collegamento on line perché impegnata nel sinodo delle Chiese metodiste e valdesi che si è svolto a Torre Pellice. Il sinodo come metodologia caratterizza le Chiese protestanti e riformate e rappresenta «vivere, decidere, procedere insieme, nella condivisione che fa poi riferimento ai membri della Tavola.

Alexandru Marius Crisan

Alexandru Marius Crisan, ricercatore per l’ecumenismo dell’università Lucian Blaga di Sibiu in Romania ha spiegato che «guardando alla sinodalità nella storia della Chiesa ortodossa, molte sono le difficoltà attraversate nei secoli, emerse anche recentemente in occasione della celebrazione del sinodo pan ortodosso celebrato nel 2016 a Creta, dove già il patriarca di Mosca Kirill non partecipò. All’epoca c’erano 14 Chiese autocefale, cioè indipendenti, a cui si è aggiunta già nel 2018 la Chiesa ucraina. Non sempre l’entusiasmo degli inizi viene portato avanti nel tempo. Ci sono voluti più di 120 anni per preparare il sinodo di Creta, pur con gli sforzi molti vescovi patriarchi, ma oggi purtroppo molte divisioni sussistono, anzi son più evidenti di prima. Ma la necessità del dialogo è più forte degli eventi storici».

Ortodossi, valdesi e cattolici usano la parola sinodo ma non con lo stesso significato, e nella prassi ci sono punti importanti da mettere a fuoco. Il potere gerarchico nella Chiesa cattolica è eredità del passato e dal Vaticano II inizia una nuova fase, una rivoluzione istituzionale perché «non abbiamo ancora istituzioni sinodali obbligatorie» dice don Cristiano Bettega, delegato vescovile per l’area testimonianza e impegno sociale dell’arcidiocesi di Trento. «Sempre più dovremo mettere in pratica la prassi sinodale, come manifestazione dell’apostolicità, della pluralità della Chiesa commenta don Bettega -. Papa Francesco ci ha dato l’immagine di una Chiesa come piramide rovesciata, dicendo “coloro che esercitano l’autorità si chiamano ministri perché nel significato della parola sono i più piccoli”. Sinodalità è base (o dovrebbe esserlo) per l’ecumenismo, per la comunione missionaria».