Le immagini di decine e decine di bambini straziati, soffocati dal gas sarin a Douma, nella Ghouta orientale, fanno il giro del mondo e il mondo s’indigna; Volano le accuse incrociate, le minacce di ritorsione. Tutti fanno la voce grossa, nessuno ammette colpe.

Così, mentre per l’ennesima volta il popolo siriano – vittima di atrocità finalizzate allo sterminio – muore, i protagonisti della guerra si rimpallano le responsabilità negando le proprie.

Bashar al Assad nega di aver mai usato armi chimiche su Douma, mentre i gruppi islamisti asserragliati nell’enclave accusano proprio il regime e il suo alleato russo di averle sganciate.

Sabato scorso queste bombe al cloro sono piombate sulla città uccidendo almeno 80 persone (ma il loro numero cresce) rifugiatesi nei sotterranei e nelle cantine.

L’unica certezza in Siria è questa – avvalorata da foto e video agghiaccianti, testimonianze sul campo e referti medici – : quelle armi messe al bando  dalle convenzioni internazionali sono di continuo abusate.

Centinaia di persone, soprattutto bambini (i più vulnerabili e quindi tra le prime vittime) combattono tra la vita e la morte in queste ore per resistere alla stretta letale del cloro.

Stati Uniti e Israele si ergono adesso a paladini degli indifesi e si dicono “sdegnati” e pronti ad attaccare Assad per “difendere” i civili.

Persino la Turchia di Erdogan si dissocia ipocritamente dal regime e dice che «c’è il sospetto» che proprio il governo di Assad abbia usato il cloro.

L’Unione europea, chiamata a reagire, con un comunicato secco accusa Assad: «le prove convergono verso un altro attacco chimico da parte del regime», scrive.

E poi ancora: «c’è grande preoccupazione per il fatto che le armi chimiche continuino ad essere usate, specialmente sui civili. L’Unione europea condanna nella maniera più assoluta l’uso di armi chimiche e chiede una reazione immediata da parte della comunità internazionale».

Ma la comunità internazionale in realtà non esiste: è divisa in fazioni, parteggia ora per l’uno ora per l’altro; non si decide a condannare unanimamente l’orrore e il crimine contro l’umanità.

L’Ue fa appello anche al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite affinchè faccia «i controlli incrociati» per identificare i responsabili degli attacchi chimici e usi la sua influenza sulla Russia e sugli alleati del regime siriano per prevenire altri attacchi in futuro.

Lo sgomento è proprio questo: l’impotenza, l’inerzia.

La paralisi delle Nazioni Unite e dell’Unione europea nel prevenire  episodi simili: l’orrore si ripete identico in Siria da anni ormai, e anzi si va intensificando. E ogni volta il mondo si stupisce dell’escalation di crudeltà e però non interviene affatto.

L’unica voce forte e chiara rimasta è quella del Papa che ancora ieri all’Angelus ha detto:

«Non c’è una guerra buona e una guerra cattiva e niente può giustificare l’uso di tali strumenti di sterminio contro persone e popolazioni inermi. Preghiamo perché i responsabili politici e militari scelgano un’altra via: quella del negoziato, la sola che può portare una pace che non sia quella della morte e della distruzione».

Ma le violazioni del diritto umanitario sono talmente eclatanti e macroscopiche , e così reiterate, che parlare ancora dell’esistenza di un diritto umanitario suona  velleitario. In Siria, assieme al popolo siriano, è morto pure il Diritto internazionale e bisognerà tenerne conto.

Foto dal Syrian Observatory for Human Rights