“Si stigmatizzano sempre l’indifferenza e la cosiddetta apatia dei giovani, ma no… io qui al Comigi ho visto giovani proattivi e aperti!”.

Allora la domanda da porci forse è un’altra: “sono loro o siamo noi adulti che non abbiamo più il coraggio di una proposta aperta e valida?”.

A chiederselo in questa intervista con Popoli e Missione è Jean-Léonard Touadi, politico, giornalista e docente congolese.

Toaudi ha tenuto uno dei workshop della mattina sui temi della globalizzazione e del debito estero al Comigi. 

“Noi adulti ci limitiamo spesso a slogan vuoti senza che ci sia una elaborazione fattiva:  questi giovani oltre a voler stare insieme cercano di acquisire quell’alfabeto del mondo che per la loro generazione sarà una chiave di volta”, dice Touadi.

“Abbiamo iniziato il laboratorio di stamani con i ragazzi, dicendo che uno dei loro compiti oggi è rendere concreto quello 20-30 anni fa si chiamava glocal, il pensare globale e agire locale”, un’espressione che per gran parte del mondo è rimasta lettera morta.

Anche il mega contenitore della ‘globalizzazione’, argomenta Touadi, “è stato riempito di contenuti dai mandarini del capitale“.

Ossia, si è realizzata solo la parte economica della globalizzazione.

“Adesso sta alla nuova generazione il compito di riempire questo grande contenitore planetario di uno sviluppo pensato e praticato in modo meno limitato all’economia, e più rispettoso dell’ambientale e dell’inclusione sociale”.

La via da seguire è un multilateralismo dal basso, dice: “un’alleanza forte tra i popoli, tra coloro che più di tutti hanno patito gli effetti deleteri della globalizzazione”.