«Le politiche Salvini di ulteriore deterrenza in mare sono coincise con un calo degli sbarchi di circa 28.000 unità, equivalente a meno del 20% rispetto al calo di 150.000 unità fatto registrare con le politiche Minniti. Allo stesso tempo, il periodo di politiche di Salvini ha coinciso con un forte aumento delle morti in mare, che hanno invertito il trend di netta diminuzione del periodo precedente».

Lo scrive l’Ispi, Istituto per gli Studi di Politica Internazionale, che in uno studio recente sul Costo delle politiche di deterrenza in mare si chiede: «quanto conviene all’Italia inasprire ulteriormente le azioni e le politiche volte a scoraggiare gli arrivi via mare? È una questione di costo-opportunità».

La risposta è che non ci conviene: le politiche di deterrenza degli sbarchi di migranti sulle nostre coste, infatti, sono controproducenti sia in termini economici che per l’effettivo risultato raggiunto.

Inoltre l’Ispi ha potuto valutare, dati alla mano, che tutta l’operazione di criminalizzazione delle Ong non ha portato frutto, anzi.

«I dati – scrive l’Istituto di Ricerca – ci dicono che le attività di salvataggio in mare delle ong non hanno avuto alcuna influenza sull’intensità dei flussi migratori irregolari dalla Libia. Al contrario, il grande calo delle partenze dalla Libia e degli sbarchi in Italia ha una causa ben precisa, che va ricercata sulla terraferma libica: la decisione di iniziare a collaborare con l’Italia e con l’Ue».

Inoltre, anche in relazione all’effettiva sicurezza dei migranti, queste politiche non reggono. Le analisi che di solito studiano le morti in mare nel Mediterraneo pongono l’accento sul «rischio di morte, calcolando la probabilità di perdere la vita nel corso della traversata. Questo settembre, per esempio, il 19% di chi sappiamo avere tentato la traversata dalla Libia è risultato morto o disperso – una percentuale mai registrata lungo la rotta del Mediterraneo centrale da quando si dispone di statistiche sufficientemente accurate».

Tuttavia, anche se il rischio di morte rimane una variabile importante, «non è quella dirimente – scrive l’ispi – se dalle coste libiche partissero solo tre persone e una risultasse morta o dispersa, il rischio sarebbe altissimo (33%), ma la rilevanza politica dell’evento sarebbe molto bassa. Il decisore politico dovrebbe essere invece molto più interessato alla stima del numero assoluto delle persone effettivamente morte o disperse in mare in un dato periodo di tempo».