Suor Paola Nuzzi, da oltre trent’anni in Ciad (adesso in Italia per una breve pausa), missionaria della Carità di Santa Giovanna Antida Thouret, vive nella capitale N’Djamena.

Racconta a Missio che, in particolare in questi ultimi mesi, il clima nel Paese è teso. Attorno alla zona del lago Ciad, al confine con il Camerun, imperversano le milizie armate di Boko Haram.

«La guerriglia è diventata una cosa normalissima in Ciad e non fa più notizia – dice – Quelli che muoiono sono sempre i più poveri, perché non riescono a difendersi. A noi suore che viviamo a N’Djamena, la vita sembra tranquilla, ma sappiamo bene che dall’altra parte del Paese si continua a combattere. I civili continuano a morire. E sono tanti, davvero tanti!».

Il Ciad è uno di quei Paesi instabili dove da decenni si combatte una guerra definita “a bassa intensità”, provocata dalle continue incursioni di ribelli che si oppongono al presidente, Idriss Déby, al potere dal 1990 quando con un colpo di Stato depose il precedente.

«Da allora – osserva la missionaria – l’opposizione ciclicamente tenta di deporlo per cui ci sono giorni terribili di guerra».

Il gruppo terrorista Boko Haram imperversa nella regione del lago Ciad, al confine con il Camerun: ad aprile scorso le truppe governative, coordinate dallo stesso Idriss Déby hanno lanciato un’offensiva, la cosiddetta “Operation wrath of Boma”, uccidendo circa mille miliziani.

Ma i ribelli sono sempre pronti ad organizzare rappresaglie che prendono di mira la gente comune. «Le persone hanno paura e molte volte abbiamo avuto paura anche noi suore», racconta la missionaria.

La missionaria ricorda un episodio di guerriglia che risale al 2008, quando ribelli ed esercito si confrontarono in una zona di confine, dove venne preso in ostaggio un ospedale: «in quell’ospedale lavoravano le nostre consorelle».

Per giorni «non avemmo loro notizie, sapevamo solo che militari e ribelli si stavano sparando da una parte all’altra del territorio e in mezzo c’erano le nostre suore».

La vita in questa ex colonia francese è misera e la sofferenza molta: «Quando sono arrivata in Ciad negli anni Ottanta – ricorda – questa terra non dava nessun frutto, sembrava dura come il cemento. Adesso si comincia a coltivare, ma i nostri stessi governanti hanno sempre saputo che far crescere il Paese significava non avere più il controllo sul popolo. Quando sono arrivata c’erano appena cinque km di strada asfaltata».

Adesso il Ciad è più sviluppato, ma resta poverissimo. Eppure la ricchezza non manca: qui i giacimenti di gas e petrolio fanno gola a molti. La Francia «considera ancora il Paese come una sua colonia», nota suor Paola.

Le missionarie della Carità di Santa Giovanna Antida Thouret operano tra Repubblica Centrafricana, Ciad e Camerun dal 1960.

«Noi abbiamo aperto la prima casa in Repubblica Centrafricana nel 1960, poi nel 1962 in Ciad – ricorda – Dopo qualche anno abbiamo avviato le prime scuole e la promozione della donna. Questi sono stati i nostri primi approcci. In Ciad si lavorava molto nei dispensari: oggi a N’Djamena c’è il nostro coordinamento delle missionarie dei tre Paesi. Abbiamo anche alcune giovani che si stanno preparando alla vita religiosa. In Camerun abbiamo anche un nostro ospedale, e lo stiamo portando avanti con molto impegno».

La foto è tratta dal sito del Coopi, Cooperazione internazionale.