«Per il momento a Khartoum è tutto blindato, anche muoversi dentro la città è faticoso: le vie di collegamento tra le varie zone, nord e sud, sono interrotte. La gente non riesce a trovare da mangiare, non arriva cibo: in Sudan si soffre molto in questo momento e si vive nel caos più totale».

A parlare con noi del clima di repressione che si respira in queste ore a Khartoum, in Sudan, è suor Kudusan, comboniana, coordinatrice delle comunità di missionari nella capitale sudanese. Lei vive a Roma da tre anni ma è in costante contatto con i confratelli e le consorelle, con i quali ha parlato anche questa mattina.

«Li ho sentiti al telefono, sia le mie consorelle della maternità di Khartoum che la responsabile provinciale stanno bene ma molto limitate nei movimenti», ci spiega.

«Noi abbiamo tre comunità comboniane: le scuole, la maternità ed altre opere sociali ma in questi giorni perfino gli impiegati non riescono ad arrivare al lavoro. Immaginate cosa significa una maternità senza infermiere!  – racconta la comboniana – Le nostre scuole sono tre, in ogni comunità di missionari ci sono 3 o 4 consorelle e confratelli. In tutto sono più di una decina. Anche la scuola è chiusa perché sono in festa per il Ramadan. Il popolo è in festa, ma che festa è questa… Molto triste».

In Sudan la rivolta popolare contro il regime militare è iniziata a dicembre scorso, si è intensificata ad aprile, quando dopo mesi di proteste il presidente Omar al-Bashir è stato destituito (l’11 aprile) dopo un colpo di Stato soft da parte dell’esercito. Da quel momento un governo militare di transizione è rimasto al timone del Paese.  Il popolo però non si  fida dei militari al potere e ha continuato a scendere in strada in massa.

In queste ultime settimane è scattata una durissima repressione da parte dell’esercito che cerca di disperdere tutti i presidi di protesta. I morti sono una sessantina finora.

 L’Associazione dei professionisti sudanesi (Spa) è il principale gruppo che sta guidando le proteste iniziate lo scorso dicembre.

«La situazione è molto tesa – conferma la missionaria, suor Kudusan – : il popolo non vuole più questo governo militare, dopo 30 anni di dittatura la gente è stanca. Sembra che tra 9 mesi si terranno le elezioni ma il popolo non accetta questo ritardo. Il popolo protesta pacificamente, la sua è una resistenza pacifica».

Per i nostri missionari in Sudan la vita non è facile: per ora rimangono asserragliati nelle loro case con la paura che i disordini possano sfociare in qualcosa di più grande.

Foto tratte dal Daily Advent.