Il Sudafrica si accinge a riaprire ai fedeli le chiese e gli altri luoghi di culto: dal mese di giugno il Paese africano che più di altri (assieme a tutto il Nord Africa) ha sofferto per il Covid-19, riprende le funzioni religiose.

“Questa pandemia ha profondamente scosso il nostro senso di sicurezza e di benessere – ha detto il Presidente Cyril Ramaphosa in tv – Molti di noi sono pieni di paure e di ansie per il presente e per il futuro. Abbiamo la responsabilità di prenderci cura del benessere spirituale, psicologico ed emotivo delle persone“. Pertanto il Sudafrica sta per intraprendere la fase tre, delle cinque di cui è composto il lockdown. Ramaphosa ha chiarito le misure precauzionali e i limiti: il numero massimo di capienza in ogni chiesa è di cinquanta persone.

La Conferenza episcopale sudafricana in un comunicato ha evidenziato “l’importanza di riaprire le chiese” soprattutto per le tante persone che “durante questa quarantena hanno sperimentato un disagio emotivo e spirituale”.

“Si sono sentite abbandonate dalla comunità proprio nel momento di maggior bisogno . –  dicono i vescovi – Lo stress di sentirsi isolati lascia gli individui indeboliti”.

L’allarme Coronavirus e il conseguente lockdown sono scattati in Sudafrica a metà marzo e da allora il Paese è riuscito a tenere sotto controllo l’epidemia: le persone infettate ammontano a 27mila e 403, mentre i morti sono ad oggi 577.

Più grave la situazione in Egitto, dove il virus ha colpito 20mila 703 persone e ne ha uccise 845. In Marocco gli infetti sono ad oggi 7mila e 697 e i morti 202. 

In effetti i 54 Stati africani presentano caratteristiche fisiche, politiche e sociali divergenti e il Coronavirus ha inciso in modo difforme da un’area e l’altra. A far la differenza è stata soprattutto la vicinanza o meno al resto del mondo: non a caso il Nord Africa, che ha scambi quotidiani con l’Europa, è stato aggredito con più facilità. Così come il Sudafrica più dedito al business, al turismo e al commercio con l’Occidente.

In tutto il continente africano i casi di contagio sono oltre 100mila, ma stando alle dichiarazioni dell’OMS “le infezioni in Africa non sono cresciute ad un ritmo esponenziale come avvenuto in altre aree del globo e dunque non si è registrata una alta mortalità”. Inoltre i governi hanno “preso decisioni tempestive – dice l’Oms –  per rafforzare il contenimento del virus e garantire il distanziamento sociale”.

Padre Patrick Rakeketsi, Segretario Generale della Conferenza Episcopale sudafricana, aveva parlato di due situazioni al limite, soprattutto nelle zone più urbanizzate e popolate: la violenza domestica ai danni delle donne; e la particolare condizione dei senza tetto che nelle grandi città sono una realtà numericamente molto elevata.

“Si sono registrati duemila casi di violenza in casa contro le donne nel giro di due settimane – ha spiegato –; Per questo la Chiesa si è attivata in accordo con le autorità statali: sacerdoti e pastori possono essere chiamati al telefono in caso di violenza grave ed intervengono direttamente”.

La foto in apertura mostra la cattedrale di St George ed è tratta da wikipedia.