«Noi successori degli apostoli, siamo chiamati al servizio dell’annuncio del Vangelo ad gentes. Un impegno che ci dà entusiasmo e stupore per portare avanti, passo dopo passo, la missione che Dio ci affida». Con queste parole, monsignor Francesco Beschi, Vescovo di Bergamo, ha aperto questa mattina una celebrazione eucaristica dal sapore raccolto presso la sede della Fondazione Missio, con cui ha chiuso il suo mandato quinquennale alla presidenza della Fondazione.

Don Giuseppe Pizzoli, direttore della Fondazione, lo ha ringraziato «per questi anni in cui ci siamo sentiti fraternamente accompagnati. In lui abbiamo sempre trovato un riferimento saggio, di fiducia e confidenza. Da me e da noi tutti viene un grande “grazie”, un sentimento comune nei confronti di una presenza discreta e sicura». Alla Messa hanno partecipato anche i membri della presidenza e della direzione di Missio: Tommaso Galizia, don Marco Testa, Maria Chiara Pallanti, monsignor Marco Prastraro, don Mariano Salpinone, don Valerio Bersano.

Nominato presidente della Fondazione nel 2015, monsignor Beschi è vicepresidente della Conferenza episcopale lombarda e presidente della Commissione episcopale per l’evangelizzazione dei popoli e la cooperazione tra le Chiese della CEI. Durante l’incontro ha ricordato la vitalità della dimensione missionaria della Chiesa anche nelle circostanze più dolorose, come è accaduto alla sua diocesi di Bergamo in cui «in due mesi sono morte seimila persone per l’epidemia di Covid. In quelle lunghissime, dolorose settimane, tutto si è fermato ma mi sono reso conto che lo Spirito Santo invece non si ferma. Proprio quando le ferite erano più profonde, le famiglie colpite dalla perdita dei loro cari, le chiese chiuse, le nostre comunità si sono mosse nella condivisione e nel discernimento. Perché la Chiesa e la missione sono servire la vita dove la vita accade. Servendo la vita degli altri, mettendosi sempre a disposizione».

Parlando del ruolo di Missio, monsignor Beschi ha sottolineato che «la Fondazione è chiamata a creare le condizioni per far crescere la missione nel mondo. Una vocazione ad andare alle genti per essere la voce di chi non ha voce, di chi non ha mezzi. Missio è metafora di un orizzonte colorato e vastissimo su cui si muovono grandi folle di persone. Non masse anonime ma agglomerati di storie di prove, di fatiche, di malattie e sopraffazioni subite da ciascuno. Con tante risposte da dare singolarmente». In questa direzione papa Francesco indica la strada per andare avanti anche con la sua ultima enciclica Fratelli tutti, in cui ricorda il vescovo di Bergamo «la missione è una dimensione programmatica: sempre più si percepisce che la Chiesa nella sua interezza è missionaria. La novità, l’intuizione della missione e la necessità di trovare dei percorsi significativi, non vengono da un continente come l’Europa che il cristianesimo lo ha vissuto sin dalle origini. Adesso la consapevolezza che la missione ci investe in ogni angolo delle nostre strade è una cosa che percepiamo e non vogliamo vivere in termini di proselitismo. Ci rendiamo conto dell’importanza di offrire il Vangelo al mondo con gratuità, come peraltro ha fatto Gesù Cristo. Al di là dei risultati che a volte non vediamo».

E quali sono oggi le prospettive della missione dei prossimi anni? «La missione si intreccia, viene da ogni Paese del mondo- spiega monsignor Beschi-. Gli Istituti religiosi sono oggi l’esempio di questa multi presenza perché vi appartengono persone che vengono da tutti i Paesi e rappresentano uno scambio trasversale, quindi non c’è più l’eurocentrismo la globalizzazione della missione frutto dello scambio tra le Chiese».

In questo panorama, il ruolo dei laici e dei giovani è una novità rilevante. «I giovani? La missione li ha sempre affascinati e in questi anni è cresciuta la figura del giovane laico missionario e questa è una prospettiva in crescita per il futuro per tutta la Chiesa. La missione coinvolge i giovani ma non solo perché occasione per visitare realtà di frontiera, ma per sperimentare direttamente l’autenticità del messaggio evangelico. Valenza esperienziale che può cambiare la gerarchia dei valori della vita, collocando la fede al primo posto».

Infine una sottolineatura sulla Fratelli tutti che definisce «una enciclica missionaria: non solo per l’importanza riconosciuta al dialogo ma anche per la testimonianza profetica della Chiesa missionaria nel mondo di oggi che è interconnesso, come purtroppo la pandemia ci ha drammaticamente confermato. Non basta che il mondo sia interconnesso, occorre che diventi fraterno. E questo passaggio è tutt’altro che scontato, oggi in particolare, difronte alla pandemia che ha incrementato le disuguaglianze tra un numero sempre più ristretto di ricchi difronte a masse sempre più grandi poveri».