Lo slogan di copertina del numero di marzo – “Salta il muro!” – non è un invito a migliorare le proprie performance atletiche. E nemmeno a sconfinare in proprietà private. E’, piuttosto, un appello che richiama quanto non si stanca di ripetere papa Francesco: oltrepassare i muri invisibili della paura, dell’odio, dell’egoismo. Sono queste le cause che spingono a costruire muri (e a combattere guerre) per dividere, confinare, bloccare l’altro.

Nel mondo – ricorda “Il Ponte d’Oro”, rivista per ragazzi innamorati della missione – oggi si contano 70 barriere di separazione. Ma c’è anche chi (missionari e persone che scelgono di rimanere umane di fronte a tanta disumanità) vive da protagonista l’appello del papa, accogliendo, offrendo riparo, aiutando.

Uno spazio speciale del numero viene dato a chi segue Gesù ad ogni costo, anche a rischio della vita: sono i missionari martiri, di cui si parla nell’editoriale a firma di Kizito, personaggio che presta la voce al direttore responsabile Gianni Borsa. «Nel mese di marzo – si legge – la Chiesa ricorda, con una giornata speciale, i “missionari martiri”, […] coloro che hanno incontrato sofferenza e morte a causa del loro impegno per portare il Vangelo in qualche angolo del mondo, vivendo con spirito di solidarietà, rispetto e dialogo assieme a popoli che abitano in Africa, in Asia, in America, in Europa o in Oceania».

Il “Viaggio in” conduce nel subcontinente indiano e svela ai piccoli lettori l’esistenza dei dalit, gli “intoccabili”: qui è ancora molto vivo il sistema ingiusto delle caste (anche se fuorilegge), secondo il quale questi ultimi sono discriminati ed emarginati dalla società.

La rubrica dedicata alla presentazione della biografia illustrata di chi ha fatto la storia più o meno recente della missione, presenta Santa Giuseppina Bakhita, vittima della tratta degli schiavi in Sudan, poi diventata suora canossiana in Italia.

Infine un nuovo spazio chiamato “Mo(n)di di dire”: una pagina per presentare, di numero in numero, un’espressione tipica di un popolo o di una cultura. Con “pole pole”, che in kiswahili significa “piano piano, con calma”, si descrive un modo di vivere tipicamente africano che dà la giusta importanza all’incontro, all’ascolto, alla capacità delle persone di darsi spazio anche solo per un saluto, di vivere la quotidianità arricchendola di significato e relazioni.

Questo e tanto altro nel numero di marzo.

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