E’ stata una vigilia di Natale difficile in Africa, sia in Etiopia (dove la guerra civile non è conclusa) che in Repubblica Centrafricana, sotto attacco ribelle. Ma anche in Mozambico, alle prese con il terrorismo di Cabo Delgado e col dramma degli sfollati. E laddove non ci sono “guerre a bassa intensità” (così vengono definite) è la povertà accentuata dalla pandemia, a distruggere il sogno di un futuro prospero.

«Facciamo tesoro dell’essenziale», ci racconta don Angelo Regazzo, missionario salesiano ad Addis Abeba. «Il nostro Natale non si basa su cose frivole e sprechi, piuttosto sull’accogliere chi ha poco e renderlo felice», dice.

Al Bosco Children, il centro di accoglienza per ragazzi senza famiglia, sorto nella capitale etiopica (al riparo per ora dagli scontri tra fronte tigrino ed esercito regolare), il clima natalizio nonostante tutto è lieto.

«Oltre a mettere in tavola qualcosa di speciale per i nostri monelli – racconta il missionario – regaleremo a ciascuno un paio di scarpe, una felpa, qualche buon libro e un po’ di cancelleria per la scuola. Nel pomeriggio del giorno di Natale, che qui si celebra il 7 gennaio, faremo una bella tombolata!».

A sentire i tanti fidei donum, religiosi, suore, laici in missione nel continente, l’attesa della nascita di Gesù è vissuta come una sorta di tregua dal dolore. «In questi giorni ognuno accantona le preoccupazioni e guarda avanti», dicono le missionarie comboniane di Nampula in Mozambico.

Si procede nonostante tutto: nonostante il Covid, la miseria senza scampo, e le locuste che minacciano i raccolti. «Per qualche giorno lasciamo da parte le disgrazie per pensare agli aspetti positivi dell’esistenza – ci racconta fratel Fabio Mussi del Pime dalla diocesi di Yagoua in Camerun – Dopo un primo periodo titubante, tutte le nostre scuole hanno lavorato a pieno ritmo fino alla chiusura per le feste natalizie e di fine anno! Il totale degli alunni che le frequentano supera i 10mila studenti. Sempre avanti con un atteggiamento positivo».

In Centrafrica le feste natalizie sono un lontano miraggio: oggi si sono tenute le elezioni legislative e presidenziali, e il clima è da guerra civile. Da mesi i 14 gruppi ribelli del Paese stanno mettendo a ferro e fuoco i villaggi attorno a Bangui; i gruppi armati (che sostengono l’ex presidente Buzize) avevano giurato di «marcher sur Bangui», entrare a Bangui per impedire lo scrutinio dei voti, ma finora sembra che i ribelli siano stati tenuti lontani dalla capitale.

A forte rischio rimangono i villaggi più defilati e quelli meno controllati attorno alla capitale, ma soprattutto si teme il dopo voto, nel caso in cui fosse rieletto l’attuale presidente Touadera, molto osteggiato dal rivale e dai gruppi che rivendicano il proprio spazio: il rischio è quello di un Colpo di Stato.