Oltre la profetica visione del pianeta, l’enciclica Laudato sì è una lettura programmatica di quella “conversione ecologica” a cui continuamente papa Francesco richiama l’umanità. Per questo è utile avere tra le mani il documento elaborato dal Tavolo interdicasteriale della Santa Sede per l’ecologia integrale su “Il cammino per la cura della casa comune- a cinque anni dalla Laudato sì presentato oggi in Sala Stampa vaticana. Molti gli aspetti approfonditi dal nuovo documento, come hanno spiegato i relatori presenti all’incontro: monsignor Paul Richard Gallagher, Segretario per i Rapporti con gli Stati della Segretaria di Stato, di monsignor Frenando Vérgez Alzaga, Segretario generale del Governatorato dello Stato della Città del Vaticano, di monsignor Angelo Vincenzo Zani, Segretario della Congregazione per l’Educazione Cattolica, di monsignor Bruno Marie Duffé, Segretario della Congregazione per l’Educazione Cattolica, di Aloysius John, Segretario Generale di Caritas Internationalis e di Tomàs Insua, Direttore del Global Catholic Climate Movement.

«Viviamo l’esperienza della fragilità nel nostro corpo, come nei nostri legami, nelle nostre prassi assistenziali, nel nostro modo di pensare e di vivere lo sviluppo economico e sociale- ha detto monsignor Duffè -. Questa esperienza di vulnerabilità produce inevitabilmente paura e inquietudine nei confronti del futuro. L’appello dell’enciclica Laudato si’ ad “ascoltare tanto il grido della terra quanto il grido dei poveri” non mira a dilatare la paura, ma a proporre un cammino di conversione». Individuare i cammini pratici per attuare la Laudato sì e diventato urgente, come dimostra la pandemia di Covid 19 che ha messo in crisi il mondo intero. Per questo dobbiamo guardare e lasciarci convertire «da una terra che soffre in silenzio» e, ha continuato monsignor Duffè «la cui sofferenza è direttamente legata all’attività umana, così come alla sregolatezza climatica, che questa attività ha provocato». Oltre le speculazioni e gli interessi economici, è urgente «scegliere la strada di un altro sviluppo che educhi al cambiamento «mediante il dialogo e le prassi quotidiane della sobrietà».

Per questo è importante diffondere nuovi modelli educativi e di sensibilizzazione alla cura dell’ambiente, come ha spiegato monsignor Zani: «il tema dell’ecologia integrale offre una visione paradigmatica dell’attuale crisi, non solo ambientale ma antropologica, in quanto si estende a tutti gli aspetti della vita personale e della convivenza umana e sociale. In primo luogo il mondo dell’educazione è chiamato a creare una maggiore consapevolezza, stimolando l’azione concreta e promuovendo la vocazione ecologica dei giovani, degli insegnanti, dei dirigenti e degli amministratori impegnati quotidianamente nella gestione delle scuole e delle università». Progetti interdisciplinari condivisi e reti di cooperazione a livello formativo sono già attive in diverse università dell’America Latina, mentre gli atenei pontifici romani hanno creato da due anni un Joint Diploma in Ecologia Integrale, una pregevole iniziativa che sta riscuotendo successo. Anche in molte scuole cattoliche si stanno seguendo metodologie come Design for Change, nata in India e ora diffusa in tutto il mondo.

E mentre anche il piccolo Stato della Città del Vaticano ha adottato in questi anni rigide regole di consumi energetici e di sostenibilità ambientale, come ha ricordato monsignor Vérgez Alzaga, soprattutto le giovani generazioni si sono dimostrate sensibili al rispetto e alla conservazione del pianeta, contro l’inquinamento, lo sfruttamento selvaggio delle risorse naturali e l’accumulo di enormi masse di rifiuti. Nel documento presentato oggi sono elencate alcuni programmi e best practices che Caritas sta portando avanti a livello internazionale, come ha ricordato Aloysius John, parlando di «Caritas India e Caritas Asia impegnate a fornire nuove competenze tra i piccoli agricoltori per evitare un uso eccessivo di fertilizzanti; la grande opera della Caritas Burkina Faso per garantire l’accesso all’acqua potabile per i locali. Ma anche la Campagna “Una famiglia umana, cibo per tutti”, condotta dalla nostra confederazione dal 2013 al 2015 che aveva al centro il diritto umano al cibo e la sua piena realizzazione per tutti i membri dell’essere umano famiglia». Tutte le 162 organizzazioni Caritas nel mondo stanno rispondendo alle sfide poste dalla pandemia di Covid-19 per rispondere ai bisogni dei poveri con aiuti alimentari, alloggi, assistenza sanitaria. Tuttavia, non stiamo affrontando solo un’altra emergenza: questa crisi è una crisi sistemica che ha sfidato i nostri sistemi politici ed economici e ha profondamente cambiato i comportamenti sociali. Gli effetti di questa pandemia stanno portando indietro anni di progressi sugli obiettivi di sviluppo sostenibile. C’è stato un drammatico aumento della povertà e allo stesso tempo un grave deterioramento delle condizioni di coloro che già prima della pandemia erano tra i più vulnerabili. E purtroppo la pandemia si sta ancora svolgendo, specialmente nel Sud del mondo, con conseguenze che ancora non conosciamo».