Come accade per ogni Giornata dei Missionari Martiri, anche per l’edizione del 2021 Missio Giovani – settore della Fondazione che ogni anno promuove l’iniziativa – aveva scelto un progetto da sostenere.

I frutti del digiuno della Giornata si sono trasformati in solidarietà ed hanno contribuito a realizzare un laboratorio informatico nei locali parrocchiali di Dodola, Prefettura apostolica di Robe, in Etiopia.

Ma descrivere i frutti del progetto missionario come una semplice aula è riduttivo. Perché anche un computer può essere uno strumento per far conoscere la Chiesa, in un contesto dove i cattolici sono meno dell’1% e dove l’islam è per tradizione la religione più diffusa anche tra i giovani.

A raccontarlo è don Stefano Ferraretto, fidei donum della diocesi di Padova, qui dal 2019. «I dieci giovani che seguono il corso d’informatica, iniziato nel dicembre scorso, non conoscevano la parrocchia: ci sono stati segnalati dai Servizi sociali, tra coloro che hanno concluso le scuole superiori ma non hanno avuto modo di accedere all’università, né hanno la possibilità di pagarsi un corso privato di informatica per imparare a usare il computer. Sono cinque maschi e cinque femmine, cristiani e musulmani. Per noi è anche un’occasione preziosa di conoscere e avvicinare chi ignora l’esistenza della Chiesa cattolica e di farla apprezzare per la sua opera sociale a beneficio di

Come si presentavano i locali parrocchiali di Dodola prima della ristrutturazione sostenuta con i fondi del progetto di Missio Giovani.

tutti».

Uno degli obiettivi dell’allestimento dell’aula, con 11 computer portatili, e dell’avvio del corso di informatica è quello di favorire la visibilità della Chiesa che in questa regione d’Etiopia, nell’immaginario collettivo, è abbinata solo alle scuole d’infanzia e primarie (visto che ogni parrocchia ha le proprie), ma non è conosciuta come comunità parrocchiale o esperienza di fede. Il fatto che dieci giovani – arrivati dalla città o dalle zone rurali, ma comunque tutti da un contesto diverso da quello parrocchiale – frequentino ogni giorno gli ambienti del corso d’informatica nei locali parrocchiali è certamente un successo, in un contesto sociale dove l’appartenenza religiosa è molto forte e la cultura tradizionale non vede di buon occhio che un cristiano entri in ambienti musulmani e viceversa, perché c’è spesso il timore che ciò possa interferire nella propria esperienza di fede.

Invece anche un’aula computer può diventare occasione di amicizia, incontro, relazione. Soprattutto se, come qui accade, si respira un clima di entusiasmo, serenità, collaborazione reciproca. E se l’essere seduto accanto ad un compagno di corso che professa una religione diversa non pregiudica l’affiatamento e l’amicizia.

«Ogni mattina – racconta don Ferraretto – durante le lezioni cerco di passare dagli studenti, per conoscerli, salutarli, farli sentire accolti. Anche gli operatori cattolici che lavorano nella scuola parrocchiale vanno a trovarli. Lo facciamo tutti con piacere, ma, essendo alla prima esperienza, siamo molto cauti nell’approcciarci a loro: anche soltanto una visita o una parola è già un passo avanti per un’interazione positiva. In questa realtà non è possibile un’evangelizzazione esplicita: sono percorribili solo queste vie di carità, strumenti di incontro, amicizia, relazione».

(L’articolo integrale è stato pubblicato sul numero di aprile di “Popoli e Missione”)