L’’affare’ missionario è un affare di tutte le chiese, di ogni comunità cristiana. Ed essere fidei donum è motivo di grande gioia per la chiesa che invia, perché può vedere i segni della presenza di Dio, può sentire la sua voce e così può lasciarsi ancora una volta coinvolgere nella sua relazione d’amore con l’umanità. Così afferma la Redemptoris Missio:

“In un mondo che con il crollare delle distanze si fa sempre più piccolo, le comunità ecclesiali devono collegarsi tra di loro, scambiarsi energie e mezzi, impegnarsi insieme nell’unica e comune missione di annunciare e vivere il vangelo…Le chiese cosiddette giovani hanno bisogno della forza di quelle antiche, mentre queste hanno bisogno della testimonianza e della spinta delle più giovani, in modo che le singole chiese attingano dalla ricchezza delle altre” (n. 62; 85).

Essere fidei donum è come essere orecchio, occhio e cuore della chiesa. L’ascolto del grido degli uomini e delle donne di oggi; la percezione delle loro situazioni e necessità, delle loro istanze e preoccupazioni, delle loro esperienze e progetti dentro una situazione storica, sociale e culturale differente, ci aiuta e ci insegna a riconoscere il terreno dove il vangelo sta crescendo e dando i suoi frutti, vedendoci, così, collaboratori del disegno di Dio suscitato dallo Spirito.

Essere fidei donum è uno stile di chiesa, è uno stile presbiterale e laicale. Si tratta di uno stile, che può divenire ricchezza nel cammino delle nostre diocesi:  essere con il dono della fede per il mondo, nel vasto mondo, in cammino verso il Signore Risorto.

E con grande gioia riconosciamo che l’esperienza ‘fidei donum’, da più di cinquant’anni,  è diventata proposta viva e concreta della chiesa italiana. Una proposta dalle molteplici sfaccettature, modellata conforme i periodi storici e arricchita dalle variegate personalità di preti e laici partiti per la missione. Sulla spinta dell’enciclica “Fidei donum” del papa Pio XII (21 aprile 1957) è iniziato un cammino che continua ancor oggi. Percorriamone le tappe:

  • All’inizio, sulla spinta dell’enciclica, i preti diocesani che volevano svolgere un servizio missionario trovarono disponibilità da parte dei loro vescovi. La prima generazione di fidei donumpartì a titolo individuale, realizzando spesso un sogno accarezzato da anni. È l’epoca dei “pionieri”. Molti di questi presbiteri continuarono e in alcuni casi continuano il loro servizio, senza nessuna prospettiva di ritornare alla loro diocesi.
  • La celebrazione del Concilio Vaticano II apportò idee nuove: la missionarietà non era più pensabile come cosa dei singoli, ma come opera della stessa chiesanel suo complesso. Si entrò così nella seconda fase: il riconoscimento della missionarietà di tutto il popolo di Dio. La chiesa locale non “collabora” con i missionari, ma “si fa” missionaria. In questo contesto, il linguaggio usato negli  anni settanta e ottanta amava espressioni del tipo “la tal diocesi ha una parrocchia in tal paese di missione”: si vedeva cioè la presenza dei missionari fidei donum come un’estensione del lavoro della diocesi: una parrocchia in più, in Africa o in America Latina.
  • A partire dagli anni ottantala riflessione ha portato a concepire l’esperienza in maniera diversa: la missione dei fidei donum cominciò a essere considerata espressione della collaborazione missionaria tra due chiese, la chiesa a quo che invia i missionari e la chiesa ad quem che li riceve; più ancora viene vista come scambio di doni fra due Chiese sorelle, comunione e sinergia nella linea dell’evangelizzazione e costruzione del Regno. A partire dalla fine degli anni novanta si è cominciato a integrare anche i laici accanto ai preti fidei donum.
  • Negli ultimi decenni si è assistito all’invio di missionarifidei donum anche da parte delle giovani chiese, verso le nostre chiese ‘antiche’. Sparsi nelle diocesi italiane sono presenti 1.480 sacerdoti provenienti dall’Africa, Asia e America Latina (898 presbiteri a tempo pieno e 582 studenti).

Oggi i presbiteri fidei donum sparsi nel mondo sono circa 400. Mentre i laici e le laiche fidei donum inviati in missione sono 300. Tutte presenze preziose nel cammino dell’evangelizzazione.

Esse sono il segno che la missione ha saputo e sa contribuire nel delineare il volto delle nostre comunità cristiane: un volto sempre più evangelizzatore e missionario. I fidei donum sono un’esperienza da non perdere, anzi, da far crescere e trasmettere alle nuove generazioni, come ha detto papa Francesco nel suo discorso ai partecipanti al IV Convegno missionario nazionale:

“Ogni mattina alla messa a Santa Marta trovo uno, due, tre che vengono da lontano: “Io sono tanti anni che lavoro in Amazzonia, che lavoro in Africa, che lavoro…” Ma tanti preti, tante suore, tanti laici fidei donum. Voi avete questo nel sangue! E’ una grazia di Dio. Dovete conservarlo, farlo crescere e darlo in eredità alle nuove generazioni di cristiani”.