Ci ha lasciato dopo aver celebrato la Santa Pasqua, papa Francesco. Ci ha lasciato da malato, ma anche e soprattutto da vivo e presente, perché fino all’ultimo ha voluto condividere i suoi messaggi con il mondo. Ci ha lasciato donando a tutta l’umanità, con la sua benedizione “urbi et orbi” di ieri, Pasqua del Signore 2025, un manifesto programmatico che, se accolto dai potenti della Terra, trasformerebbe il mondo in fiamme in un giardino paradisiaco. Ci ha lasciato salutandoci come un padre, testimoniando ancora una volta che siamo davvero fratelli tutti.

La direzione nazionale di Missio e i suoi collaboratori vogliono ricordarlo con alcuni stralci delle sue ultime parole, pronunciate ieri nel Messaggio pasquale, durante il quale non ha dimenticato di mettere al centro dell’attenzione le popolazioni più martoriate e di chiedere pace per Israele, Palestina, in particolare per la Striscia di Gaza la cui situazione umanitaria ha definito «ignobile». E ancora: Libano, Siria, Yemen, la «martoriata» Ucraina, Armenia, Azerbaigian, la regione dei Balcani, la Repubblica Democratica del Congo, il Sudan, il Sud Sudan, il Sahel, il Corno d’Africa, la Regione dei Grandi Laghi.

Una preghiera speciale anche per il «popolo birmano, già tormentato da anni di conflitto armato, che affronta con coraggio e pazienza le conseguenze del devastante terremoto».

E ai potenti della Terra e a tutti gli uomini di buona volontà ha indicato una strada da percorrere, da tenere sempre a mente, come un testamento spirituale.

Grazie, papa Francesco! Non ti dimenticheremo!

 

«Nessuna pace è possibile senza un vero disarmo! L’esigenza che ogni popolo ha di provvedere alla propria difesa non può trasformarsi in una corsa generale al riarmo. La luce della Pasqua ci sprona ad abbattere le barriere che creano divisioni e sono gravide di conseguenze politiche ed economiche. Ci sprona a prenderci cura gli uni degli altri, ad accrescere la solidarietà reciproca, ad adoperarci per favorire lo sviluppo integrale di ogni persona umana».

 

«Faccio appello a tutti quanti nel mondo hanno responsabilità politiche a non cedere alla logica della paura che chiude, ma a usare le risorse a disposizione per aiutare i bisognosi, combattere la fame e favorire iniziative che promuovano lo sviluppo. Sono queste le “armi” della pace: quelle che costruiscono il futuro, invece di seminare morte! Non venga mai meno il principio di umanità come cardine del nostro agire quotidiano. Davanti alla crudeltà di conflitti che coinvolgono civili inermi, attaccano scuole e ospedali e operatori umanitari, non possiamo permetterci di dimenticare che non vengono colpiti bersagli, ma persone con un’anima e una dignità».