«Percepisco una forte voglia da parte dei ragazzi di partire: parlando con loro del viaggio estivo in programma in Etiopia, gli ho visto brillare gli occhi.

Il primo incontro con la missione (ma anche i successivi) non lascia mai indifferenti; spesso anzi, è il diapason che intona le scelte degli anni a venire». 

Il Segretario nazionale di Missio Giovani, Giovanni Rocca, in questa intervista, parla dei sogni dei ventenni che grazie alle esperienze missionarie in Africa o altrove, orientano le loro successive scelte di vita.

«Sono orgoglioso dell’energia e della passione che questi giovani dimostrano per la missione», spiega Rocca, che ha appena concluso una due-giorni di formazione con 65 ragazzi di Missio Giovani arrivati da tutta Italia a Roma.

Naturalmente l’attualità – come quella migratoria – entra dirompente nei discorsi che riguardano la missione e l’approccio all’accoglienza. Argomento di cui si è dibattuto anche in questi giorni.

«Vi dirò di più – aggiunge Rocca – questi ragazzi sono già tarati su discorsi che vanno ben al di là dell’accoglienza dei migranti, perchè la danno per scontata e mai metterebbero in dubbio l’obbligo del salvataggio in mare».

Un passaggio chiave, diventato per loro «coscienza collettiva – aggiunge – è che la persona in viaggio, su un barcone, in difficoltà, non è qualcuno che scappa e basta, ma un essere umano che abbiamo già accolto nella nostra vita e che dobbiamo salvare ad ogni costo, al di là della sua provenienza e del perchè parta».

Dice Giovanni: «per noi il naufrago non è un fenomeno sociale».

Ma piuttosto «un essere umano come gli altri e non c’è ragazzo qui dentro, con una visione missionaria, che non sappia capire le ragioni che spingono a partire.

Su questo punto i ragazzi sono più avanti di molti adulti: hanno superato la differenza etnica e compreso la preziosità dell’altro, esattamente come insegna Papa Francesco.

Il salvataggio in mare non può mai essere messo in discussione, al di là del perchè si lasci la propria terra».

Rocca spiega poi che in questi anni di pandemia e “distanza sociale”, anzichè allontanarsi dai loro coetanei e dalla missione «i giovani di Missio hanno nutrito la voglia di esperienze forti, che segnano la vita: e la missione lo è senz’altro».

Per venire agli incontri ‘romani’ organizzati dalla Fondazione «attraversano l’Italia, spesso partendo all’alba, spinti dalla voglia di stare insieme, per condividere non solo esperienze ma soprattutto la chiamata che sentono forte a farsi prossimi agli ultimi della Terra».

In tal senso mettono «in comune sogni e speranze in un mondo più giusto, equo e inclusivo, i semi dai quali germoglia l’azione missionaria. Dal proprio territorio d’origine, fino alle lontane periferie del mondo».