Dopo l’intensa veglia di preghiera vissuta nella serata di ieri – lunedì 27 agosto – grazie alla preparazione affidata ai giovani del Centro missionario diocesano di Reggio Emilia,

Un momento della Veglia di preghiera di ieri

oggi i partecipanti alle Giornate nazionali di formazione e spiritualità missionaria si sono interrogati sui grandi temi del mondo giovanile, riscoprendoli come questioni importanti per ciascuno, indipendentemente dall’età.

 

 

La parola che ha fatto da filo conduttore per oggi è “profezia”.

Antonella Marinoni, appartenente alla diocesi di Milano e alla Comunità Missionarie Laiche, come moderatrice di questa giornata ne ha dato una chiave di lettura singolare: «I verbi scelti per descrivere la fase preparatoria del prossimo Sinodo sui giovani (ovvero: riconoscere, interpretare, scegliere, ndr) sono quelli che scandiscono i passi della profezia. E il riconoscere significa anche ritrovarsi, ricomprendersi intorno ad un destino comune: giovani e adulti, preti e laici, uomini e donne, pur nella necessaria alterità e nella complessa diversità».

 

Parole che hanno trovato conferma nella Tavola Rotonda che ha impegnato i lavori della mattinata, dal titolo “Quali passi per una evangelizzazione giovane?”.

Tra gli intervenuti, Giovanni Rocca, segretario nazionale di Missio Giovani, ha ripreso l’esperienza del Convegno Missionario Giovanile (Comigi) della scorsa primavera, definendola «più di un convegno: una piazza aperta in cui guardarsi in faccia (300 circa i giovani partecipanti, ndr) e capire cosa è importante, come prendere consapevolezza del fatto che non siamo da soli: ci sono tanti giovani che ci credono e questo ci dà coraggio».

Anche Eleonora Borgia, collaboratrice di Missio con una particolare esperienza nel settore giovanile, ha sottolineato come la reciproca estraneità tra giovani e adulti sia un qualcosa da superare necessariamente: «I giovani – ha detto – spesso si sentono giudicati per i loro comportamenti “non canonici” e si creano alibi per non essere protagonisti nella Chiesa. Ma gli adulti devono avere l’umiltà di coinvolgerli: solo la logica inclusiva può muovere il cambiamento».

Un intervento speciale è stato quello di don Rossano Sala, sacerdote salesiano e segretario speciale del prossimo Sinodo sui giovani. Alla platea dei 230 convegnisti, rappresentanti del mondo missionario delle diverse diocesi italiane, don Sala ha ribadito che l’esperienza missionaria per i giovani può essere un ambito privilegiato di discernimento vocazionale.

Sì, perché far riscoprire ai giovani la cultura della gratuità, a discapito di quella del narcisismo sempre più diffusa nelle realtà giovanili di oggi, è una sfida della Chiesa per il prossimo futuro.

Si tratta di riuscire a “tenere insieme l’esperienza del servizio (tra cui i viaggi in Paesi di missione, ndr) con l’esperienza del discernimento, come si legge nell’Instrumentum laboris ai numeri 194-195” ha spiegato don Sala, sottolineando l’importanza dell’elaborazione a posteriori, una volta conclusa l’esperienza in mezzo ai missionari: è indispensabile un approfondimento di quanto è stato vissuto, un discernimento che va oltre l’esperienza che non può che interrogare il giovane.

Tra le sfide che don Sala ha enucleato per il cambio di passo della Chiesa nei confronti dei giovani, c’è l’esigenza di trovare risposte a domande fondamentali:

Quali sono le condizioni per cui la trasmissione della fede è possibile oggi?

Come diffondere la cultura della gratitudine e della riconoscenza?

Come risvegliare l’immaginario dei giovani perché sappiano rispondere alla fondamentale domanda: per cosa vale la pena giocarsi la vita?

Interrogativi a cui il prossimo Sinodo cercherà di trovare risposte.

Anche padre Antonio Soffientini, missionario comboniano in Colombia e Brasile per molti anni, oggi coordinatore del GIM (Gioventù in Missione), ha ribadito l’importanza dell’esperienza di servizio missionario in Paesi del Sud del mondo: «I campi-missione sono per i giovani un’opportunità che non possiamo perdere per vari motivi, tra cui l’incontro reale, concreto, in cui si tocca con mano il Dio della vita, un Dio presente nella gente che ci accoglie, nei giovani che partecipano, nella comunità che si forma».

Dopo il confronto in aula stimolato dai vari interventi, i lavori della giornata sono proseguiti con la divisione in otto laboratori biblici, ciascuno incentrato su una figura della Sacra Scrittura da leggere come icona di “profezia”. Due i valori aggiunti: 1. ciascun laboratorio è iniziato con una riflessione biblica a cura di un giovane, che l’ha condivisa con tutti i partecipanti dando il là ai lavori di gruppo; 2. la guida dei gruppi è stata affidata ai giovani, che sono diventati i facilitatori dei lavori.

Un protagonismo dei giovani che ha sicuramente permesso di sperimentare una possibile alleanza tra generazioni per costruire insieme.