Un uomo giusto in attesa di giustizia“: è la frase usata più volte per Luca Attanasio, l’ambasciatore italiano in Repubblica Democratica del Congo ucciso in un agguato il 22 febbraio 2021, a nord di Goma.

Lo stallo del conflitto tra milizie armate nell’est del Congo e la difficoltà di accedere alle zone ‘calde‘ del Paese, contribuiscono a mettere un freno in più alla richiesta legittima di giustizia.

A Luca Attanasio e al “processo che non si farà mai” è stata dedicata oggi una sessione delle Giornate di Assisi sugli Artigiani di speranza.

Sul palco, in dialogo con il giornalista Paolo Annechini, il papà di Attanasio, Salvatore, la giornalista Giusy Baioni che si occupa del caso fitto di misteri, e il missionario saveriano a Goma padre Franco Bordignon, intervenuto in collegamento dall’est del Congo.

“Il fatto dell’uccisione di un ambasciatore è in sé gravissimo, ma lo è ancora di più quando ci rendiamo conto di chi fosse questo nostro ambasciatore – ha detto Baioni – Luca era davvero unico e tra le sue unicità c’era il fatto del voler viaggiare nel Paese in cui era stato inviato: lui si spostava di continuo per incontrare gli italiani.

Sono circa mille sparsi in tutto il territorio congolese e lui andava da loro”.

L’ultimo viaggio a Goma, nell’area infestata di milizie armate, gli è stato fatale. Perché?

All’applicazione del protocollo rigido della diplomazia, Luca Attanasio (classe 77, mente brillante e indole altruista) sapeva associare un volto umano e un desiderio forte di giustizia per i senza voce.

“Era indubbiamente un privilegiato, Luca, ma aveva messo a disposizione di tutti questo suo privilegio“, ricorda il padre, Salvatore.

Essere un uomo delle istituzioni serviva ad Attanasio per intervenire ancora di più e meglio in RDC così come in Nigeria e in Marocco, dove già aveva lavorato, per contrastare povertà  e disuguaglianze.

“Appena arrivato in Congo aveva cominciato a guardare al Paese con occhi congolesi“, dice ancora il papà.

Per queste e molte altre ragioni, la morte accidentale di Attanasio non è credibile, secondo quanti hanno studiato a fondo la sua vicenda.

“La versione ufficiale dell’uccisione di Attanasio non regge”, ha spiegato ancora Giusy Baioni.

Le prove balistiche del caso Attanasio hanno poi chiaramente evidenziato “che si è trattato di un agguato”, ha ricordato Baioni.

A complicare tutto c’è oggi il precipitare della situazione geopolitica congolese: come ha ben spiegato da remoto padre Bordignon, “il cessate-il-fuoco in RDC non funziona, la situazione è stagnante e la pace non c’è.

Inoltre la corruzione è come una cancrena nel Paese”.

Il caos Congo è diventato un ulteriore alibi per chiudere il caso del nostro ambasciatore: eppure Salvatore Attanasio ha rimarcato che “una nazione come l’Italia nella quale il proprio ambasciatore è stato ammazzato ha il dovere di cercare la verità”.

La delusione dei famigliari è aumentata dopo aver capito che le autorità italiane hanno di fatto affossato l’inchiesta.

“Abbiamo incontrato le massime autorità e capito che mai nessuno della Farnesina aveva bussato alle porte delle Nazioni Unite in questi anni”, spiega Salvatore Attanasio.

Nel corso di una delle prime indagini è emerso che un documento di viaggio (quello che l’ambasciatore aveva intrapreso con il convoglio del PAM) era stato falsificato:

“è stata omessa la presenza di Luca Attanasio, sostituendo il suo nome con i nomi di due funzionari del PAM”, per i quali non sarebbe stata necessaria una scorta armata.

Tutte le domande e i perchè restano per ora senza risposta.

“I due funzionari non sono processabili perchè godono di immunità diplomatica e le nostre autorità hanno rifiutato di costituirsi parte civile”, spiega ancora la giornalista.

Ma che uomo era, al di là del ruolo, Luca?

“Era un uomo di fede non ostentata, una fucina di idee, un sognatore che cercava di realizzare i suoi sogni, un cittadino del mondo, per lui non c’era differenza di colore della pelle o di religione.

Lui e sua moglie Zakia, di religione musulmana, sono un esempio concreto di amore e di come le religioni possano convivere”, sono ancora le parole del papà.