“La buona politica è al servizio della pace”. Questo è il tema scelto da papa Francesco per il tradizionale messaggio in occasione della Giornata Mondiale della Pace, giunta quest’anno alla sua 52esima edizione, che si celebrerà il prossimo 1° gennaio 2019.

Per il pontefice la politica è “un veicolo fondamentale per costruire la cittadinanza e le opere dell’uomo”, ma “quando, non è vissuta da coloro che la esercitano come servizio alla collettività umana, può diventare strumento di oppressione, di emarginazione e persino di distruzione”. L’intento è quello di riaffermare la sfera valoriale promuovendo una “buona politica” che se giustamente interpretata e applica si manifesta come “forma eminente di carità”. Essa così “è al servizio della pace; essa rispetta e promuove i diritti umani fondamentali, che sono ugualmente doveri reciproci, affinché tra le generazioni presenti e quelle future si tessa un legame di fiducia e di riconoscenza”. Per papa Bergoglio la “buona politica”, serve anche da stimolo per “promuove la partecipazione dei giovani e la fiducia nell’altro”. Infatti “quando l’esercizio del potere politico mira unicamente a salvaguardare gli interessi di taluni individui privilegiati, l’avvenire è compromesso e i giovani possono essere tentati dalla sfiducia, perché condannati a restare ai margini della società, senza possibilità di partecipare a un progetto per il futuro”. Così “ognuno può apportare la propria pietra alla costruzione della casa comune”. E questo vale soprattutto nell’attuale contesto mondiale, quello della globalizzazione dell’indifferenza, segnato da “un clima di sfiducia che si radica nella paura dell’altro o dell’estraneo, nell’ansia di perdere i propri vantaggi”. Si tratta di un fenomeno che si manifesta “purtroppo anche a livello politico, attraverso atteggiamenti di chiusura o nazionalismi che mettono in discussione quella fraternità di cui il nostro mondo globalizzato ha tanto bisogno”.

Il messaggio papale, dunque, non manca di denunciarne i vizi che derivano dal cattivo uso del potere politico, la corruzione in primis ma anche la xenofobia e il razzismo. Come sempre, il pontefice ha riaffermato il suo “No” categorico “alla guerra e alla strategia della paura”, riaffermando che “l’escalation in termini di intimidazione, così come la proliferazione incontrollata delle armi sono contrarie alla morale e alla ricerca di una vera concordia”. A questo proposito, “il terrore esercitato sulle persone più vulnerabili contribuisce all’esilio di intere popolazioni nella ricerca di una terra di pace”. Ecco perché “non sono sostenibili i discorsi politici che tendono ad accusare i migranti di tutti i mali e a privare i poveri della speranza”.

È evidente che i contenuti di questa missiva papale devono necessariamente trovare un felice riscontro nella pastorale ordinaria delle nostre comunità. In particolare, l’animazione missionaria non potrà prescindere dall’esigenza di rendere intelligibile un indirizzo politico al servizio della pace nel nome di Dio. La posta in gioco è alta, non foss’altro perché la Chiesa ha il compito, per vocazione, di stare dalla parte degli ultimi.

 

 

Foto: Afp/ Alberto Pizzoli