«Siamo veramente spaventati, disorientati e impauriti. Il dolore e la morte ci fanno sperimentare la nostra fragilità umana; ma allo stesso tempo ci riconosciamo tutti partecipi di un forte desiderio di vita e di liberazione dal male. In questo contesto, la chiamata alla missione, l’invito a uscire da se stessi per amore di Dio e del prossimo si presenta come opportunità di condivisione, di servizio, di intercessione. La missione che Dio affida a ciascuno fa passare dall’io pauroso e chiuso all’io ritrovato e rinnovato dal dono di sé».

Sono parole di papa Francesco nel Messaggio per la Giornata missionaria mondiale 2020 («Eccomi, manda me»), pubblicato il 31 maggio scorso, il giorno precedente il mio approdo alla direzione delle riviste della Fondazione Missio: Popoli e Missione, Il Ponte d’Oro, Noticum. Parole che ho avvertito come un invito pressante, un impegno, una chiamata. Alcune righe successive sono risuonate come una scossa: «La missione è risposta, libera e consapevole, alla chiamata di Dio. Ma questa chiamata possiamo percepirla solo quando viviamo un rapporto personale di amore con Gesù vivo nella sua Chiesa».

Mentre mi accingo a questo servizio, professionale ed ecclesiale, tornano alla mente altri richiami di papa Bergoglio: ad essere «Chiesa in uscita», a divenire «discepoli e missionari», a «stimolare la conversione missionaria» nelle nostre comunità cristiane.

«Non comunità chiuse, ripiegate sulla propria organizzazione – ha affermato di recente il vescovo di Pinerolo, monsignor Derio Olivero – ma comunità aperte, umili, cariche di speranza; comunità che contagiano con la propria passione e fiducia. Non una Chiesa che va in chiesa, ma una Chiesa che va a tutti. Carica di entusiasmo, passione, speranza, affetto».

Rivedo poi scorrere tanti volti di missionari, laici e consacrati, conosciuti nella vita; le loro testimonianze, limpide, coerenti, generose («senza nulla chiedere in cambio», le parole più volte ascoltate), in altrettanti angoli del mondo… E sento forte – grazie a loro – il monito che giunge da tante regioni del pianeta, dove povertà, guerre, carenza di istruzione, mancanza di opportunità confermano che questa epoca rimane fortemente segnata da sofferenze e ingiustizie, violenze, migrazioni forzate… Un tempo che ormai impone – e il Covid-19 lo ha solo confermato – una non più rimandabile conversione ecologica, una nuova governance multilaterale, un’economia che si accompagni a una crescita equilibrata e giusta, scevra da ogni neo-colonialismo e nella quale non ci siano esseri umani e popoli che ne fanno sempre le spese.

Sogni? Utopie? Una «speranza certa», direbbe san Francesco, grazie anche – ma non solo, evitando sterili ingenuità – a cristiani che provano a testimoniare le Beatitudini sulle strade del mondo. Gli esempi che ci giungono da tanti missionari lasciano infatti intravvedere cieli nuovi e terra nuova. E questa rivista, assieme agli altri strumenti di comunicazione di Missio (compresi siti e social), vorrebbe proprio dar voce ai nostri missionari affinché ciascuno si lasci da essi interrogare.

Popoli e Missione, fedele alla sua storia, proverà ancora a costituire un richiamo per ogni coscienza credente: «Siamo tutti sulla stessa barca» e l’umanità intera – specie la più provata e periferica – attende di compiere passi avanti nella direzione dello sviluppo, della promozione della dignità e della solidarietà. Occorrono operai, intelligenti, motivati e laboriosi, nella vigna del Signore.

Ci sarà modo di tornare su questi temi. Qui vorrei solo aggiungere qualche grazie. Alla Fondazione Missio, all’ufficio Comunicazioni sociali della Conferenza episcopale italiana e all’Agenzia Sir che – ciascuno per la sua parte – mi portano a intraprendere questa avventura; a padre Giulio Albanese che, oltre ad aver dedicato la vita alla missione ad gentes, è anche un maestro di giornalismo; ai colleghi della Redazione e a tutto il personale di Missio, dai quali mi sono sentito accolto con grande simpatia: insieme proseguiremo il lavoro per una comunicazione che possa essere interessante, leggibile e il più possibile efficace nella linea dell’animazione missionaria.

(Questo intervento di Gianni Borsa è stato pubblicato come editoriale nel numero di luglio-agosto di Popoli e Missione)