Un appartamentino in affitto dentro il mercato etnico più popolare di Torino, nel quartiere di Porta Palazzo, e tre suore che sperimentano quotidianamente la vita fuori dal convento.

Sono Paola, Julieta e Rita, congregazione di Maria Ausiliatrice: puoi incontrarle sotto il gazebo, mentre vendono borse fatte a mano nei laboratori di sartoria e ricamo.

Puoi vederle impegnate nella scuola di italiano, ad organizzare il volontariato di frontiera, o a partecipare alle riunioni per il coordinamento del dialogo interreligioso. 

«L’arrivo di Rita tra noi è stato un segno- racconta Paola Pignatelli, pioniera della missione in strada – Lei è indiana e la scelta di collocare tre realtà culturali così diverse a servizio di un popolo che emigra non è casuale. Noi siamo contente ma anche consapevoli che non si tratta di uno scherzo».

Julieta Joao, sua consorella ‘storica’ viene dal Mozambico, lei invece è italiana di Asti.

Porta Palazzo è una zona di incontro e convivenza tra popoli, soprattutto di origine maghrebina, molte le donne islamiche che lo frequentano. Occasione unica per tentare fino in fondo la strada del dialogo.

«Da quattro anni siamo entrate ufficialmente a far parte del coordinamento di un gruppo interreligioso – dice Paola – in vista della giornata del dialogo che cade il 27 ottobre».

Alle riunioni «oltre a noi salesiane, ci sono presenze buddiste, islamiche e vari altri protagonisti, come gli imam delle moschee».

Le suore non mancano mai di presentarsi in tre: «E’ interessante questo andare insieme: Africa, Europa e India che si mettono in gioco». Ma com’è nato l’intero progetto, decisamente fuori dal comune?

«Inizialmente, era il 2012 – dice la salesiana – ci siamo messe con un gazebo in mezzo al mercato, facendoci tradurre un questionario in tutte le lingue per chiedere alle persone di cosa avessero più bisogno. Di lì è partita l’idea di una scuola di lingua italiana e poi quella dei laboratori di manualità, dall’abc della sarta, al lavoro a maglia e uncinetto, al bricolage».

L’ultimo ad essere introdotto è stato il corso di stiro professionale: «lo gestiscono due signore che hanno avuto una stireria a Torino e sanno dare all’attività un taglio professionale serio», spiegano le suore.

L’obiettivo finale è quello di trovare un accordo con le lavanderie del quartiere ed inventare una “stireria popolare” per Porta Palazzo.

Ma se questi fossero solo dei corsi blindati e fini a se stessi, non sarebbero davvero utili al resto della cittadinanza. Ecco perché l’offerta delle tre salesiane si è allargata.

«Ai ragazzi delle catechesi, dei centri giovanili e delle scuole diciamo di venirci a trovare nel borgo e di sperimentare una giornata nel quartiere con noi,

oppure creiamo incontri con dei coetanei che ci permettano di parlare di inclusione. Sono attività che facciamo a latere dei laboratori con le donne immigrate».

Lo chiamano il “mondo a chilometro zero” e in effetti lo è: un universo di culture e religioni a un passo da casa.

«A seconda delle età tocchiamo il tema dell’infanzia negata o della tratta degli esseri umani – spiegano – e mettiamo i ragazzi difronte a cose che sono dietro l’angolo».

Questa loro “visibilità”, proprio perché non ci sono i muri del convento a separarle dal mondo, «è una cosa che ci rende estremamente vulnerabili perché si è senza filtri: qui entra chiunque.

Tante volte ti senti impotente, non hai la minima soluzione da proporre e non capisci la complessità del problema, ma hai incrociato un pezzo di vita». E ne è valsa la pena