Nel villaggio albanese dove è necessario ricostruire la chiesa a causa delle gravi lesioni strutturali che recentemente si sono manifestate, vivono circa mille cattolici. Molti sono immigrati e non possono farsi carico delle spese di ristrutturazione dell’edificio, poiché non hanno entrate sicure e non sono in grado di sovvenzionare l’opera. Così la diocesi di Shkodre-Pult ha richiesto la cifra di 25mila euro alle Pontificie Opere Missionarie per finanziare il progetto di “Ricostruzione della chiesa Melgushi”.

L’edificio di culto è stato consacrato nel 1996, cinque anni dopo la fine della dittatura. L’euforia e l’entusiasmo del momento per la ritrovata libertà di professare la propria fede hanno fatto sì che i lavori di costruzione venissero affidati a volontari locali, che li hanno realizzati in economia: cosa più che comprensibile, considerando l’estrema povertà in cui il Paese allora versava.

Purtroppo, però, 20 anni dopo se ne vedono le conseguenze: l’argilla sotto la chiesa sta provocando lo scivolamento della struttura, poiché le fondamenta non erano state gettate abbastanza in profondità; il tetto è notevolmente degradato; numerose crepe stanno affiorando sui muri.

La costruzione di una nuova chiesa su un terreno più solido si è rivelata essere l’unica soluzione alternativa.

Don Dritan Ndoci, responsabile del progetto, aggiorna i benefattori sull’andamento dei lavori: «Per trovare il terreno buono, sono state necessarie molte indagini aggiuntive nello scavo delle fondamenta. Grazie a ulteriori contributi, siamo quasi arrivati alla costruzione del tetto. Intanto abbiamo fatto la benedizione di questa prima parte della struttura. Con l’aiuto della Provvidenza si riuscirà a concludere la realizzazione dell’edificio. Grazie per il vostro sostegno alla Chiesa albanese».