Con l’appassionato intervento di monsignor Eugenio Coter, vicario apostolico di Pando (Bolivia), partecipante al Sinodo dei vescovi che si è concluso ieri in Vaticano, al Forum missionario – che si sta svolgendo a Sacrofano da oggi, lunedì 28 ottobre, a giovedì prossimo – si è entrati concretamente nel vivo della vita dei popoli amazzonici e della Chiesa di quell’immensa regione, raccontata da un punto di vista prezioso, per voce di chi vi opera in prima persona.

Con la sua relazione, ricchissima di dati e nozioni che hanno tratteggiato la preziosità della regione Amazzonica, monsignor Coter ha sottolineato da subito l’urgenza di cambiamento da parte di tutti nei confronti della preservazione di quest’area, indispensabile per il sistema Pianeta Terra da un punto di vista ambientale e non solo: «L’Amazzonia appartiene a nove Paesi diversi – ha detto – ma ogni 10 secondi se ne va un ettaro di foresta» e questo dimostra quanto la sua sopravvivenza non possa che essere di interesse per tutti. Eppure, questa regione è «il secondo luogo più fragile del mondo per il clima e per i conflitti: non è un’area in guerra ma qui i conflitti sono reali».

E’ chiaro – ha proseguito – che c’è «un unico progetto sull’Amazzonia: è lo sfruttamento per estrarre tutto ciò che serve, come legnami preziosi, oro e minerali, il disboscamento per favorire allevamento e monocoltivazioni». Essere cristiani in Amazzonia «vuol dire saperci stare evangelicamente ed eticamente. Vuol dire contemplare Dio, ma anche annunciarlo nel rispetto dell’ambiente».

 

L’intervento di monsignor Coter è proseguito con la sintesi dei contenuti del documento finale dell’Assemblea Speciale per la Regione Panamazzonica (non ancora ufficiale).

Si suddivide in cinque capitoli e la parola chiave è “conversione”: «Il Sinodo – ha voluto chiarire da subito – non è un parlamento: era presente lo Spirito Santo, tanto che ogni quattro interventi di quattro minuti l’uno, c’erano quattro minuti per la preghiera personale in silenzio: erano i “quattro minuti dello Spirito Santo”» ha commentato scherzando, ma sottolineando così l’importanza della preghiera, del valore aggiunto del consesso.

Che il tema della conversione riguardi ogni aspetto di tutto ciò che ha a che fare con l’Amazzonia lo dimostra il fatto che è indispensabile un’inversione di rotta sia nei processi di distruzione che la stanno mettendo a rischio, sia nel modo di essere Chiesa e di essere missionari.

 

Il documento parla di “conversione integrale”, intesa come ecologica, pastorale e sinodale: l’obiettivo è quello di arrivare ad una Chiesa in uscita per entrare nei cuori dei popoli amazzonici, «non una Chiesa che visita e poi rientra, ma che sta con la gente». Si auspica una spiritualità dell’ascolto e dell’annuncio che chiede di sperimentare nuove strade capaci di parlare in modo speciale ai giovani.

«La nostra – racconta monsignor Coter – è una Chiesa laicale: nel mio vicariato abbiamo 200 celebrazioni della parola e 30 messe ogni domenica. Ho soltanto 11 sacerdoti: è come se in Italia ce ne fossero solo 2.500 (in rapporto al numero della popolazione). E’ una chiesa fatta di ministeri laicali» ed ha una grande ricchezza comunitaria.

Fondamentali anche l’inculturazione e l’interculturalità: l’incontro deve partire dall’ascolto, esige uno sguardo che include i popoli amazzonici, occorre riconoscere i loro valori culturali; le piume che hanno fatto tanto scalpore – per esempio – sono espressione di festa e le indossano nei momenti solenni, ha spiegato il vescovo.

Un intero capitolo del documento finale è dedicato alla conversione ecologica: «Occorre far capire l’urgenza della situazione ambientale nel mondo: gli esperti dicono che tra 30 anni non avremo più la Foresta Amazzonica in Bolivia, avremo il deserto. Già oggi ci sono moltissime zone che sono diventate savana. Il cambiamento climatico è un tema urgente. Tutto è intimamente connesso» ha denunciato Coter. L’ecologia non è una fede: è un’espressione dell’amore e una strada per relazionarsi con il Creato; un segno che la Chiesa ha cura della casa comune, che tiene conto della dimensione socio-ambientale dell’evangelizzazione.

 

L’ultimo capitolo è dedicato alla conversione sinodale. Una richiesta rivolta a papa Francesco è stata quella dell’ordinazione di uomini idonei e riconosciuti della comunità, che abbiano un diaconato permanente fecondo e ricevano una formazione adeguata per il presbiterato, potendo avere una famiglia legittimamente costituita e stabile: è un modo per garantire la celebrazione dei sacramenti nelle zone più remote della regione amazzonica.

«La Chiesa amazzonica – ha spiegato monsignor Coter – chiede di vivere i sacramenti della vita ordinaria: personalmente ho celebrato in una comunità con 40 famiglie cattoliche che da 18 anni non celebravano una messa!».

Inoltre, un’altra richiesta al Santo Padre è quella di valutare la possibilità di elaborare un “rito amazzonico” nella liturgia: «Nella Chiesa cattolica esistono già 23 riti diversi», ha concluso il vescovo. Riconoscere il 24esimo sarebbe un modo anche per valorizzare la visione del mondo, le tradizioni, i simboli e i riti originari dei popoli amazzonici.