Si è svolto ieri a Roma il Consiglio Missionario Nazionale. In apertura dei lavori, il presidente della Fondazione Missio, monsignor Francesco Beschi, ha condiviso con i presenti alcuni elementi di sintesi del Forum che si è svolto dal 28 al 31 ottobre presso la Fraterna Domus di Sacrofano (Rm), dal titolo “La missione fa la Chiesa: battezzati e inviati per la vita nel mondo”. Si tratta di considerazioni importanti che condividiamo, nella consapevolezza che la comunione – di cui la fondazione Missio è interprete come organismo ecclesiale – rappresenta la prima forma di missione.

 

  1. La missione evangelica è sempre “straordinaria” alla luce dell’inesauribile novità del Vangelo, della vita che ne scaturisce e della meraviglia che suscita. Il frutto della missione è la “vita nuova”, il “maximum novum”.
  2. Immersi in Cristo e nella Chiesa ed emersi per la missione e per il mondo: è una dinamica pasquale che connota decisamente la missione evangelica. Questa dinamica prende la forma di una permanente conversione: personale, ecclesiale, culturale, pastorale, ecologica. E la sorgente di ogni conversione è la Parola, che diventa incontro. La forza generativa della Parola, ha caratterizzato il nostro percorso (Genesi, Esodo, Isaia, Giobbe, la Samaritana, la Maddalena, Maria …). La circolarità generativa di Parola e Vita, è la linfa vitale della missione. L’ascolto della Parola di Dio non può essere separato dall’ascolto della voce e del grido dei poveri. Il criterio generativo rappresentato dall’ascolto, è la consapevolezza della “precedenza” del Risorto e del suo Spirito; la precedenza del Regno di Dio.
  3. Alcune connotazioni emergono e ci interpellano: la sinodalità, la ministerialità. La sinodalità rappresenta ed alimenta l’immagine del “camminare insieme”: non si tratta prima di tutto di “convenire”, ma di camminare, consapevoli di tutto ciò che ci può ostacolare, appesantire, sviare, ferire, paralizzare. Nell’orizzonte della sinodalità, vanno considerate tutte le cosiddette “strutture” materiali e immateriali, che impediscono o rallentano il cammino condiviso.
  4. La condivisione è uno dei criteri che ispira la vita e dunque la missione della Chiesa. Si tratta di perseguire condivisione tra diversi soggetti missionari ecclesiali e tra le diverse Comunità ecclesiali. La condivisione deve caratterizzare in misura maggiore la cooperazione tra le Chiese, così come si è configurata in questi decenni. I Vescovi devono essere per primi, protagonisti e responsabili della Cooperazione in forma di condivisione.
  5. La testimonianza è connotato decisivo della missione, ma non unico. Proprio per le ragioni ricordate sopra, la testimonianza non può essere separata dall’annuncio del Vangelo, dalla narrazione testimoniale, dall’inculturazione della fede e dalla mediazione culturale. La testimonianza esige alcune condizioni ineludibili: la povertà e la trasparenza. Alla luce di questa consapevolezza il riconoscimento evangelico della fragilità del missionario, diventa condizione favorevole per la missione evangelica: “Quando sono debole, allora sono forte”. L’umile servizio al Missionario Risorto e al suo Spirito, diventa sorgente di profonda e inestinguibile gioia. La forza del CMD più limitato e dell’operatore pastorale più solo, si alimenta a questo convincimento di fede.
  6. La missione è un’autentica scuola evangelica. Impariamo ad essere battezzati, nel momento in cui prendiamo sul serio l’essere inviati e raccogliamo la testimonianza di coloro che l’hanno preso sul serio.

A queste considerazioni unisco la rielaborazione del documento presentato al Consiglio permanente di settembre, condiviso nell’ultimo Consiglio Missionario Nazionale, a seguito dell’Assemblea generale della CEI, nel maggio scorso. Le indicazioni di modalità e strumenti sono la ricaduta pastorale di quattro tracce.

  1. La prima è rappresentata dall’esigenza di riconoscerci come Chiesa in stato di missione: apparentemente un’evidenza, che deve però affrontare tante resistenze e tentazioni di conservazione.
  2. La seconda traccia è caratterizzata dalla necessità di una progettualità pastorale missionaria: la Chiesa non fa missione, ma è missione. Da questo, scaturisce l’esigenza di una pervasività missionaria di tutta la pastorale. Emerge in questa prospettiva la figura del “discepolo-missionario”.
  3. Il terzo percorso è delineato dalla necessaria assunzione dell’”ad gentes” come paradigma della pastorale. Papa Francesco ha ben illustrato la duplice caratteristica della missione “ad gentes”: quella programmatica, che prevede tutte le iniziative specifiche relative all’annuncio evangelico e alla comunicazione della vita nuova a tutte le persone umane; quella paradigmatica che caratterizza ogni azione e gesto pastorale della Chiesa.
  4. Infine, la quarta traccia sottolinea la connotazione comunitaria della missione: la missione scaturisce dalla comunità credente e costituisce la comunità cristiana. Anche le condizioni estreme di solitudine o isolamento non pregiudicano il legame con la comunità cristiana e, a partire da questa, l’impegno missionario in ogni direzione.

Di seguito, i tratti che caratterizzano il rinnovato impegno missionario sono stati particolarmente individuati in questi: lettura credente, permanente e critica dei “segni dei tempi”; centralità della Parola e della contemplazione; fraternità accogliente; soggettività del Popolo di Dio; pregnanza dell’evento del Regno di Dio e dell’annuncio delle Beatitudini; scelta preferenziale dei poveri e pertinenza di una Chiesa povera; pratica del dialogo e dell’inculturazione del Vangelo.

Le modalità e gli strumenti indicati

  • Il rilancio e il potenziamento della Fondazione Missio nel suo pluriforme compito di animare e formare “cammini missionari” a tutti i livelli e di sostenere la cooperazione tra le Chiese, con particolare attenzione al CUM, quale fondamentale struttura formativa. Prospettare il compimento del processo avviato con Missio, integrandovi compiutamente anche l’Ufficio nazionale per l’evangelizzazione dei popoli e la cooperazione tra le Chiese. Rilanciare la “rete” di tutti i soggetti missionari presenti nella Chiesa in Italia. Promuovere una pastorale integrata anche tra gli Uffici nazionali della Cei, soprattutto fra Missio, Migrantes, Caritas, Pastorale giovanile e Pastorale Vocazionale.
  • La condivisione della “missio ad gentes” della Chiesa universale: in questa prospettiva, la dinamica rappresentata dal rapporto tra Chiesa particolare e Chiesa universale va alimentata nel segno della comunione ecclesiale. La ricaduta pastorale di questo rapporto esige un rilancio della consapevolezza della missione universale della Chiesa e di quello strumento che la manifesta e la sostiene: le Pontificie Opere Missionarie, il Mese Missionario, la Giornata Mondiale Missionaria
  • Il riconoscimento ecclesiale dei carismi, delle trasformazioni e delle esperienze degli Istituti missionari e degli Istituti religiosi in genere: particolarmente l’internazionalizzazione e il superamento dell’eurocentrismo
  • La promozione del dialogo e della collaborazione con i movimenti e le realtà ecclesiali che vivono la Missio ad Gentes. Di queste realtà, Missio dovrà farsi riconoscitore e sostenitore, oltre che cortile di incontro e confronto.
  • La progettazione di tutta la pastorale in chiave missionaria, accompagnata da una “conversione missionaria” spirituale e strutturale, favorendo una pastorale integrata, comprensiva della dimensione della “cura del creato” e passando da una pastorale per “uffici” ad una pastorale per “progetti” condivisi
  • La valorizzazione e la cura della cooperazione tra le Chiese particolari con assunzione di responsabilità da parte dei vescovi e l’individuazione di forme nuove dell’esperienza fidei donum: il riconoscimento del laicato missionario e il rilancio della cooperazione internazionale con speciale attenzione alla soggettività giovanile e al suo desiderio di “servizio”, anche se breve, verso il Sud del mondo, riconoscendo le potenzialità rappresentate dai giovani che rientrano da esperienze missionarie; nuovi progetti di cooperazione tra le Chiese, con equipes interdiocesane o regionali formate da sacerdoti, religiosi e laici. Utilizzare lo strumento delle convenzioni in termini pastorali: nella flessibilità delle diversificate situazioni, mantenere alcuni criteri che corrispondano alle scelte pastorali compiute, alle loro motivazioni e alle nuove esigenze
  • Il riconoscimento in ogni Diocesi, anche quelle più piccole, della specificità del servizio del Centro Missionario Diocesano, dedicandovi le risorse necessarie
  • La scelta dei “gruppi missionari” parrocchiali o interparrocchiali, come espressione e promozione dell’animazione missionaria, con particolare attenzione ai bambini e ai giovani
  • La valorizzazione dei missionari al loro rientro: oltre a portare la freschezza dell’esperienza vissuta nelle giovani chiese, essi possono essere dei veri mediatori culturali con le comunità straniere, capaci di mettere in atto l’accoglienza perché a loro volta accolti nel paese di missione
  • La valorizzazione del servizio di presbiteri e della presenza di persone di altri Paesi nelle nostre Comunità, accompagnandoli nel loro inserimento e nel loro servizio pastorale nelle nostre diocesi: le forme tradizionali, le cappellanie etniche o linguistiche, la creazione di parrocchie “personali” a servizio degli immigrati, la prospettiva di comunità parrocchiali multietniche; la comunione missionaria in dimensioni ecumeniche; il dialogo e l’amicizia sociale con comunità di altre religioni. Non sottovalutare il pericolo incombente della perdita della fede cristiana da parte di chi lascia la terra d’origine. Inserire persone provenienti da altri Paesi, in tutti gli Organismi ecclesiali
  • La formazione teologica e pastorale di seminaristi, presbiteri, consacrati e vescovi in un chiaro, condiviso e riconoscibile orizzonte missionario; L’inserimento, come previsto dai documenti ufficiali, di un corso di missionologia nel curriculum teologico. Ai candidati al sacerdozio chiedere una esperienza “missionaria” prima dell’ordinazione sacerdotale
  • Il ripensamento e la riproposizione della Missione italiana per gli italiani all’estero con modalità nuove, a partire dalle nuove condizioni di coloro che partono dal nostro Paese e dai loro obiettivi

La ricchezza di quanto emerso, richiede un’opera seria e sinodale di discernimento per elaborare sintesi e scelte condivise, ma anche percorribili.

Profondamente grato per il cammino compiuto insieme a voi.

+Francesco Beschi