<<La missione sta cambiando e ci si deve muovere nella logica delle comunione tra le Chiese e non solo in quella del dono. Dobbiamo capire cosa vuol dire vivere a missione dall’interno e nell’ambito di una accoglienza reciproca. In questo clima di festa è giusto interrogarci insieme su cosa vuol dire seguire l’invito di papa Francesco di andare alla periferie>>.
Con questo invito monsignor Pierantonio Tremolada, vescovo di Brescia, ha introdotto l’incontro su “Quale futuro per la missione ad gentes?” , domanda fondamentale dopo la fine della stagione eurocentrica. Oggi la missione non è più unidirezionale, ma è diretta ad ogni luogo ed <<è il termometro del nostro essere Chiesa>> ha detto padre Mario Menin, saveriano, direttore della rivista “Missione oggi”, presentando gli importanti relatori della tavola rotonda che si è tenuta stamattina presso l’Università Cattolica di Brescia. La prima autorevole testimonianza è stata quella del cardinal Ferdinando Filoni, prefetto della Congregazione per l’evangelizzazione dei popoli che ha delineato i cambiamenti creati dalla globalizzazione della missione.<<Poco meno di 100 anni fa la Lettera apostolica Maximum Illud di Benedetto XV segnò il cambio di passo della missionarietà nel mondo, 50 anni dopo il Concilio ci ha dato il Decreto Ad Gentes e un nuovo impegno missionario, che oggi papa Francesco rinvigorisce con l’Esortazione apostolica Evangelii Gaudium>> ha detto il cardinal Filoni. Di fatto, l’evangelizzazione è l’impegno costante della Chiesa di ribadire la forza del Vangelo, mentre la missionarietà implica degli obiettivi, se pensiamo ai circa sette miliardi di uomini che non lo conoscono. <<Ma quello che coincide tra evangelizzazione e missionarietà è l’avere al centro Gesù Cristo>> ha detto il cardinale, che si è soffermato sulla complessità dei cambiamenti creati dai flussi migratori <<nel nostro orizzonte europeo, terre di antica cristianità, dove oggi convivono aspetti di prima missionarietà e di ad gentes, e ci troviamo davanti al bisogno di una missione ad intra oltre a quella ad extra>>. Cosa è avvenuto negli ultimi 50 anni dal Concilio ad oggi? <<Tra i Padri conciliari allora c’erano pochi africani, pochissimi asiatici molti occidentali – sottolinea il cardinale- mentre oggi Africa, Asia, America Latina e Oceania sono in mano ad un clero autoctono, con i loro vescovi. Gli Istituti missionari si sono ridotti ma è cresciuta le realtà delle Chiese locali, i missionari sono diventati i “nonni” della realtà di molte giovani Chiese, dice papa Francesco>>. Il clero autoctono è cresciuto e ora è chiamato a farsi carico della missione. Le giovani chiese diventano protagoniste dell’invio di missionari e oggi è importante <<sviluppare questa coscienza missionaria, nella logica del dare e dell’avere ma sempre dinamica, sempre viva nello scambio tra culture>>.
Attualizzare i carismi
Suor Luigina Coccia, comboniana, Madre generale delle suore Comboniane ha ribadito l’attualità del carisma di san Daniele Comboni, fondatore delle Pie Madri della Nigrizia nel 1864. Oltre l’iniziale direzione dell’Africa, le missionarie sono oggi presenti in quattro continenti. Spiega suor Luigina: <<Oggi il nostro numero è diminuito ma è aumentato il numero delle nazionalità di provenienza delle nostre sorelle. Una volta pensavamo ad una missione territoriale più che antropologica, si seguiva una bussola che aveva una direzione da l nord al sud.
Ora c’è un decentramento dal nord al sud del mondo e l’Istituto vive una reale interculturalità. Questo è il dinamismo del Vangelo. Ci stiamo chiedendo se l’ad gentes sta morendo, ma è perché vediamo la situazione dal nord del mondo. Da un’altra prospettiva invece dobbiamo dire che l’ad gentes in realtà è arrivata alla sua maturazione. Viviamo un crisi del progetto missionario tradizionale perché alcuni modelli sono sbiaditi e ci sono eventi storici che provocano incertezze: stiamo ricercando il nucleo fondante per ridefinire la nostra funzione nell’ad gentes. Se si muovono i popoli, forse possiamo fermarci noi?>>.
Papa Francesco dice che il carisma non è un pezzo da museo, ma va confrontato con le inquietudini delle sfide attuai. Su questo è d’accordo padre Stefano Camerlengo, superiore generale dei missionari della Consolata che ha detto: <<Ben venga la contrazione dei numeri delle nuove vocazioni se la viviamo come lezione di umiltà che ci impone di riprendere il giusto passo per accompagnare la storia del nostro tempo. Il Vangelo ci insegna che la storia è un invito a collaborare col mondo, e il dialogo con i giovani è davvero importante, oggi più che mai. Che senso ha cercare di tenere in piedi i nostri istituti pericolanti? Vengo dalle regioni colpite dal terremoto, le case puntellate sono simbolo delle difficoltà del nostro tempo. Non è importante che sopravvivano i nostri istituti a il carisma del fondatore: Giuseppe Allamano diceva che bisogna fare il bene senza fare rumore. Un tempo eravamo i missionari eroi, tornavamo da terre lontane e andavamo nelle parrocchie, ci applaudivano. Ora che la Chiesa locale vuole riassumere il suo ruolo nella missione, chi fa parte di un Istituto può andare là dove nessuno va. Non importa se siamo pochi, l’importante è seguire il cammino indicato da Gesù>>.
Monsignor Francesco Beschi, vescovo di Bergamo e presidente della Commissione per l’evangelizzazione dei popoli e la cooperazione tra le Chiese, ha concluso l’incontro sottolineando che <<malgrado la contrazione dei numeri degli Istituti missionari, ci sono segnali di grande vitalità. Nemmeno la grave crisi economica di questi anni sta spegnendo la solidarietà missionaria. Quando ci chiediamo “quale futuro per l’ad gentes”, si arriva a chiedersi perfino “ perché la missione?”. Questo Festival riunisce molti soggetti missionari per condividere le ragioni profonde che sostengono queste domande nella ricerca di prospettive comuni. Intanto una risposta è nella gioia, perché siamo stati cooptati da Cristo ad alimentarci alla sorgente inesauribile dell’ad gentes>>.