Al Festival della Missione, in corso a Torino da ieri – 9 ottobre 2025 – a domenica prossima, nel pomeriggio di oggi si è parlato anche di cambiamento climatico e di economia.

Sembrano due temi non strettamente connessi con la missione; invece sono entrambi al centro della Campagna giubilare “Cambiare la rotta” promossa da vari enti, tra cui la Fondazione Missio, per la cancellazione del debito dei Paesi poveri e la promozione di modelli economici basati sulla giustizia e la solidarietà, che non possono prescindere dalle problematiche ambientali.

La remissione del debito, infatti, è un passo essenziale per liberare i popoli oppressi da legami economici iniqui che soffocano il presente, ipotecano il futuro ed evidenziano il legame tra debito economico e debito ecologico.

E’ stato proprio questo connubio tra scelte economiche e cambiamenti climatici l’argomento centrale del panel “Cambiamo la rotta”, apertosi con l’intervento del professore Jeffrey Sachs, direttore del Center for Sustainable Development alla Columbia University, e membro della Pontificia Accademia delle Scienze Sociali, uno tra i più influenti economisti al mondo per i suoi studi sulla lotta alla povertà estrema, sul cambiamento climatico e sulle crisi del debito internazionale.

Sachs ha parlato di «speranza sempre possibile», sebbene il mondo abbia raggiunto limiti che non possono essere oltrepassati. «Io sono pieno di speranza: sono i popoli che spingono i governi a cambiare la rotta. Le grandi manifestazioni a sostegno del popolo palestinese di questi giorni – ha osservato – hanno dimostrato che è possibile cambiare le direzioni politiche».

Ma per fermare i cambiamenti climatici, ha messo in guardia l’economista, occorre affrontare due grandi sfide concrete: cambiare il sistema energetico e smettere di deforestare. E per fare tutto ciò servono politiche che tengano conto della pianificazione economica. Lo ha spiegato Guendalina Anzolin, economista e ricercatrice presso l’Institute for Manufacturing dell’Università di Cambridge, con particolare attenzione al cambiamento strutturale nei Paesi emergenti. «Purtroppo non esiste un cambiamento climatico fatto in regime di austerità. Il cambiamento climatico – ha detto l’economista – lo si fa investendo molto, per trasformare settori economici e produttivi».

Certamente il cambiamento avviene dal basso, ma anche con l’azione politica che riveste un ruolo fondamentale per cambiare la rotta. Ed è convinzione di tutti che non è possibile uscire dalla crisi ambientale soltanto con l’impegno dei singoli, sebbene sia molto prezioso.

Eppure il ruolo dei missionari non è affatto irrilevante, pur essendo una piccola minoranza. Lo ha sottolineato Luigino Bruni, il terzo ospite del panel, economista e storico del pensiero economico, professore ordinario di Economia politica all’Università Lumsa di Roma ed editorialista di Avvenire: «I missionari hanno cambiato la storia – ha fatto notare – sebbene l’umanesimo delle missioni sia sempre stato un umanesimo di minoranza, non di maggioranza. Ma si tratta di una minoranza profetica». D’altronde «chi patisce di più il cambiamento climatico sono le popolazioni del Sud del mondo, dove i missionari operano maggiormente», ha commentato Bruni.

Insomma, cambiare la rotta per trasformare il debito in speranza non è un processo astratto, ma un impegno che coinvolge la responsabilità di tutti e di ciascuno.