Alla vigilia della 106esima Giornata mondiale del migrante (domenica 27 settembre), la Chiesa riflette su “La religione del migrante: una sfida per la società e per la Chiesa”, titolo del convegno promosso dall’Università Cattolica svoltosi questa mattina e trasmesso in streaming dal palazzo San Callisto in Trastevere di Roma. Al centro dei numerosi interventi, la presentazione delle ricerca “Migrazioni e appartenenze religiose” che approfondisce le mutazioni introdotte in Europa dai flussi migratori degli ultimi decenni. Sottolineando l’impegno delle Chiese locali per l’ascolto e l’accoglienza ai migranti, il cardinale Michael Czerny, sottosegretario della Sezione migranti e rifugiati del Dicastero per il Servizio dello Sviluppo umano integrale, ha aperto i lavori del Convegno, lasciando la parola al Segretario generale della Cei, monsignor Stefano Russo che ha sottolineato come «I flussi umani che caratterizzano l’immigrazione verso l’Italia e l’Europa hanno posto queste di fronte alla necessità di fare i conti con un duplice scenario sociale e religioso: quello, talvolta complesso, dei Paesi d’origine dei flussi migratori e quello, anch’esso delicato, dei Paesi di destinazione». Anche nell’intricata geografia religiosa di molti Paesi d’accoglienza, ha detto ancora monsignor Russo «la religione può fungere da elemento aggregante, di dialogo e di cooperazione nella costruzione delle comunità».
Bisogna essere pronti a raccogliere la sfida del dialogo e a «riconoscere che la dimensione religiosa è parte integrante della persona è essenziale affinché la società sia non accondiscendente ma giusta verso ogni uomo» come ha detto il cardinale Angelo Bagnasco, presidente del Consiglio delle Conferenze episcopali europee (Ccee) che ha spiegato che «la tolleranza potrebbe essere intesa come una forma di neutralismo valoriale, quindi in fondo di disinteresse. In questo orizzonte il laicismo, che si dichiara tollerante, in realtà sarebbe piuttosto indifferente e poco rispettoso, nega la vera laicità il cui principio è scritto nel Vangelo e che pur non sposando alcun credo riconosce l’essere umano nella sua verità religiosa ed etica».
L’intervento di David Sassoli, presidente del Parlamento europeo, a ridosso della presentazione di riforma della politica di asilo e immigrazione dell’Unione Europea, ha messo a fuoco la situazione attuale: «Lo vediamo ogni giorno: le migrazioni sono un fenomeno globale, complesso, allo stesso tempo, una priorità e un’emergenza che la comunità internazionale deve affrontare insieme» per mettere a punto un «approccio coordinato basato sui principi della solidarietà, della responsabilità. In questa sfida così importante l’Unione Europea vuole indicare una via diversa riformando la propria politica di immigrazione e asilo non più dettata dalla paura e dall’incertezza»; infatti «servono regole che umanizzino i meccanismi globali e questo lo può fare solo l’Europa in questo momento. Per questo dobbiamo lavorare in modo costruttivo su politiche concrete e realistiche».
Laura Zanfrini, ordinario di Sociologia delle migrazioni e della convivenza interetnica, ha presentato la corposa ricerca da lei curata come direttore scientifico. «I flussi migratori ci obbligano a fare i conti con l’intricata geografia religiosa di molti paesi e coi processi involutivi che hanno compromesso una tradizione di convivenza tra gruppi religiosi; irrompendo nella società europea attraverso la richiesta di asilo, queste situazioni ci offrono l’occasione di riacquistare consapevolezza dell’importanza dei diritti religiosi e dei loro stretto legame con la libertà personale e la qualità della democrazia». In questi decenni l’insediamento stabile delle famiglie e delle comunità immigrate ha reso le società europee multi-religiose, mentre la «trasformazione di un fenomeno economico in un fenomeno politico ha proiettato al centro dell’agenda politica temi e problemi di natura identitaria, fino ad erigere la religione a filtro per selezionare migranti e rifugiati» ha detto ancora la sociologa.
Bisogna quindi de-strumentalizzare la religione, spesso ridotta a vessillo identitario e dare valore ai contenuti spirituali delle fedi in cui credono le persone. Padre Fabio Baggio, sottosegretario della Sezione Migranti e rifugiati del dicastero per il servizio dello Sviluppo umano integrale ha ricordato che «questi temi riguardano l’Europa e non solo. Hanno a che fare con tutte le Chiese locali: la religione non ha solo una valenza individuale ma comunitaria, non è solo afflato personale ma è condivide con l’altro la tensione verso Dio; Questo conta in ogni esperienza umana ma soprattutto nel processo migratorio». Una esperienza estrema come quella dei lunghi viaggi per raggiungere un Paese di accoglienza, è il momento in cui l’uomo innalza la sua preghiera a Dio, per invocare aiuto, per dare senso al momento della prova. Tante testimonianze ce lo raccontano ogni giorno: come nella storia di una rifugiata del Camerun, naufragata con i compagni di fuga e rimasta per ore nell’acqua fredda, pregando e cantando tutto il tempo, restando sveglia e presente in questo modo, con la compagnia della preghiera, elemento di sopravvivenza. Salvata e portata al sicuro chiede un rosario per pregare e ringraziare Dio.
«Le chiese devono essere palestre di cittadinanza, dove si costruisce un percorso comunitario con queste persone, pensando a quello che si ha da dare, ma anche a quello che si riceve» ha aggiunto padre Baggio che ha messo in luce le esigenze formative delle seconde generazioni di migranti, divise tra l’eredità dei genitori e le esigenze di cittadinanza nei Paesi in cui stanno crescendo.