«Hanno distrutto l’ufficio postale, la gendarmeria, saccheggiato le case dei privati; hanno ucciso due guardie. Stanno perseguitando la gente, i più giovani scappano. Vanno nei boschi, si nascondono per non essere torturati».

E’ quanto accade nei villaggi attorno a Sokodè, la seconda città più grande del Togo, 400 km a nord di Lomè. Dove, da questa estate ad oggi, la tensione tra partiti d’opposizione e società civile da un lato, e coalizione governativa dall’altro, è salita alle stelle.

 

A raccontarci al telefono l’entità delle violenze perpetrate dalla polizia in Togo, è padre Silvano Galli, missionario della Società delle Missioni Africane, proprio in quell’area.

«I poliziotti arrivano, picchiano, sono immagini molto drammatiche e noi siamo angosciati», racconta.

Le manifestazioni di piazza vanno avanti dal 19 agosto, quando la gente, guidata dal Parti Nationale Panafricaine (PNP), tra i più critici nei confronti del Presidente Faure Essozimna Gnassingbé, ha iniziato a ribellarsi.

«La gente è stufa di subire l’oltraggio di un Presidente in carica da oltre dodici anni e al suo terzo mandato», spiega il missionario.

I disordini da Lomè e Sokodè si sono estesi poi ad altre città e villaggi, tanto che alcuni media hanno parlato di un inizio di guerra civile.

La reazione del Pnp del leader Tikpi Salifou Atchadam, si è trasformata in guerriglia aperta il 17 ottobre scorso, quando è stato arrestato l’imam della città, Djobo Alassane Mohamed, amico stretto di Atchadam.

La popolazione in fibrillazione vorrebbe che si ritornasse alla Costituzione del 1992 che imponeva un rinnovo della presidenza per non più di due mandati.

L’Afp scrive che il leader dell’opposizione è “l’uomo grazie al quale il Togo potrebbe fare la sua rivoluzione”.

Ma la repressione della polizia  è così dura che «la gente adesso ha paura anche solo ad uscire in strada», confermano i missionari. «Il Partito panafricano chiede elezioni a due turni, doppio mandato e voto alla diaspora togolese nel mondo.

Finora noi togolesi espatriati non abbiamo mai avuto la possibilità di eleggere un presidente. Ma i soldi che affluiscono in Togo grazie alle rimesse sono superiori agli aiuti pubblici allo sviluppo», ci spiega Kossi Komla-Ebri, togolese e medico a Milano da oltre trenta anni e in contatto costante col suo Paese.

«In Togo manifestazioni sono vietate in mezzo alla settimana, ma l’opposizione ne ha organizzate alcune proprio la prima settimana di novembre: sono delle marce previste per il 6, 7 e 8 del mese in varie città del Togo», dice.

In effetti le circostanze che hanno portato al potere l’attuale presidente Étienne Gnassingbé Eyadema nel 2005 sono piuttosto oscure: morto il presidente Gnassingbé Eyadéma è stato in fretta e furia fatto salire al potere il figlio con il sostegno della Francia.

 

E così il clan della famiglia Eyadema regna sul Togo da cinquant’anni, con la benedizione di Parigi.

Il Segretario generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterres, ha designato cinque capi di Stato dell’Africa occidentale per mediare nella crisi politica in corso: si tratta di Benin, Burkina Faso, Ghana, Costa d’Avorio e Niger.

Domenica prossima, 29 ottobre, la diapsora togolese in Italia organizza una manifestazione a Roma, a partire da Piazza S. Pietro subito dopo l’Angelus, per sensibilizzare l’opinione pubblica al dramma che vive il Togo.