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Il giorno dopo la proclamazione dei risultati elettorali in Burundi, la CECAB (Conferenza dei vescovi cattolici del Burundi, ndr), pubblica un comunicato che va in aperta controtendenza rispetto al  rapporto della CENI, la Commissione Elettorale Nazionale Indipendente che ha gestito l’election day chiamando al voto la popolazione per le presidenziali, le legislative e le comunali. Il comunicato dei Vescovi è destinato a fare discutere in un momento in cui c’è molta incertezza sull’accettazione dei risultati delle urne da parte dei sostenitori del candidato Rwasa, secondo classificato, dato per vincente da tutti i sondaggi ma uscito con le ossa rotte dal confronto elettorale. Infatti i risultati  diffusi dalla CENI dicono 68,72 % per il  generale Evariste Ndayishimiye, candidato del partito di governo, il  Cndd-Fdd (Consiglio Nazionale per la Difesa della Democrazia – Forze per la Difesa della Democrazia), 24,19% per Agathon Rwasa, candidato del Cnl (Consiglio nazionale per la libertà)

Oggi, a caldo, la CECAB riconosce che le elezioni non sono state certo una lezione di democrazia anche se bisogna riconoscere che si sono svolte nella calma e nell’ordine. Il suo giudizio è particolarmente severo. Secondo i Vescovi,  lo scrutinio “è sprovvisto di quelli  elementi costitutivi che fanno di un’elezione un appuntamento democratico”, ed elencano  una serie di gravi inadempienze e sbavature nelle operazioni di voto: “ Noi deploriamo tutta una serie di irregolarità relative alla libertà di voto, alla trasparenza del processo elettorale e all’equità di trattamento dei candidati e degli elettori”, ha sottolineato mons. Joachim Ntahondereye, Presidente della CECAB.

Tra le irregolarità registrate la lista è piuttosto lunga: “Pressioni sui mandatari per la firma dei verbali  prima dello spoglio, seggi bloccati, defunti che votano, procure multiple e inventate per il voto dei rifugiati”. Ma non solo. I Vescovi cattolici denunciano anche l’anomalia di persone che hanno votato più volte in più seggi, la violenza dell’esclusione degli osservatori autorizzati durante lo spoglio, le intimidazioni esercitate da certi amministratori verso i cittadini arrivando al punto di accompagnarli  e sorvegliarli all’interno dei seggi e l’intrusione di persone  non autorizzate nei locali dello spoglio con la confisca dei telefoni di alcuni osservatori.  “Il segreto del voto non è stato garantito –  concludono i Vescovi- e ci domandiamo se tutte queste irregolarità non possano portare pregiudizio ai risultati da proclamare”.

I Vescovi richiamano comunque il popolo alla calma e raccomandano alla popolazione che la convivenza sulle colline non venga turbata da fenomeni di vendetta dei vincitori contro chi ha sostenuto il candidato o i candidati della minoranza. “Noi condanniamo tutte le ingiustizie e rifiutiamo qualsiasi ricorso alla violenza…raccomandando alle autorità pubbliche di sanzionare qualsiasi comportamento persecutorio di coloro che sarebbero tentati di tormentare i loro vicini per avere manifestato tendenze politiche differenti dalle loro. La democrazia e il multipartitismo  sono riconosciuti in Burundi; e dal momento che la legge autorizza più candidati a fare campagna elettorale ogni cittadino ha il diritto di manifestare la sua preferenza per il candidato di sua scelta”.

Parole chiare quelle dei Vescovi, come chiaro è stato il loro impegno per assicurare il massimo della trasparenza di queste elezioni 2020 attraverso la messa in campo di ben 2176 osservatori su tutto il territorio nazionale: “Uno sforzo importante  e impegnativo il loro – hanno sottolineato –  anche se  di osservatori indipendenti ne sarebbero certamente serviti  certamente di più per arrivare in ogni angolo del Paese”.